Copilot, Cursor e il colpo di stato degli sviluppatori

Chi lo avrebbe mai detto? Il codice, quella roba da nerd che si scriveva con i terminali neri e i font da prigione russa, è diventato il nuovo campo di battaglia dell’intelligenza artificiale. Oggi GitHub Copilot l’adorabile compagno di pair programming col cervello siliconico supera i 20 milioni di utenti all-time, secondo le dichiarazioni di Satya Nadella. Il che significa che negli ultimi tre mesi almeno 5 milioni di nuovi sviluppatori, studenti, stagisti e probabilmente anche un paio di gatti domestici hanno provato Copilot. La notizia è tanto roboante quanto vaga: non si sa quanti continuino a usarlo davvero. Ma nel mondo delle metriche gonfiate e delle trimestrali da convincere, chi se ne frega della retention.

Nel frattempo, Cursor un tempo tool minore, ora rivale strutturato ha dichiarato oltre un milione di utenti attivi giornalieri e un ARR da mezzo miliardo di dollari. È qui che la faccenda diventa interessante: perché gli AI coding tools, a differenza dei vari chatbot da divano come ChatGPT o Gemini, stanno macinando ricavi veri. Chi scrive codice è disposto a pagare. Anzi, le aziende stanno già pagando. Nadella lo dice senza mezzi termini: Copilot oggi vale più dell’intero GitHub al momento dell’acquisizione nel 2018. Detto da uno che gestisce l’azienda più capitalizzata del pianeta, è qualcosa.

Il punto, però, è che qui non si gioca solo la partita degli utenti. Si gioca il potere. GitHub Copilot è già usato dal 90% delle aziende Fortune 100. Cursor assume a raffica. Cognition e Google acquisiscono startup a tema come se fossero pacchetti di figurine rare. OpenAI e Anthropic sviluppano Codex e Claude Code, non per sport ma per infiltrarsi nel cuore delle infrastrutture software delle aziende. Questa non è una battaglia per l’assistente vocale più simpatico, ma per il controllo dell’intero ciclo di vita dello sviluppo software. In altre parole, per l’automazione del mestiere stesso del programmatore.

Chi controlla gli strumenti di coding AI non solo intercetta i bisogni degli sviluppatori, ma li plasma. Copilot è ormai un’estensione della tastiera per milioni di professionisti, un layer cognitivo che scrive codice, suggerisce fix e, presto, lo farà anche testare, eseguire, refactorare e deployare. Cursor non è da meno. Ha già introdotto agenti autonomi in grado di eseguire intere operazioni complesse. Altro che “assistenza”: qui si parla di sostituzione. Il fatto che queste aziende stiano convergendo nella stessa direzione non è casuale. È sistemico.

Nadella lo chiama “great momentum”. Un’espressione perfettamente eufemistica per descrivere il fatto che stiamo assistendo al lento, inesorabile colpo di stato dei programmatori da parte delle macchine. Le AI non solo supportano i developer, li osservano. Li imparano. Ne codificano gli errori. Ne ottimizzano i pattern. Se oggi sono i copiloti, domani saranno i comandanti.

Il bello è che tutti sembrano d’accordo. Nessuno si oppone davvero. Gli sviluppatori, da sempre allergici alla gestione e innamorati dell’efficienza, sono tra i primi ad adottare questi strumenti. I CTO ne adorano il ROI. I CFO vedono solo linee di bilancio alleggerite. Le startup li inseriscono nel loro stack come default. E le università? Hanno già iniziato a insegnare con Copilot in aula. Il ciclo è chiuso.

Il confronto con i chatbot generalisti è impietoso. Copilot, Cursor, Claude Code: sono ancora prodotti da centinaia di migliaia o pochi milioni di utenti. ChatGPT si muove sulle centinaia di milioni al mese. Ma il mercato di riferimento è completamente diverso. Qui non si vende intrattenimento, ma produttività ad alta intensità cognitiva. Un developer che scrive codice per otto ore al giorno è disposto a pagare — o meglio, a farsi pagare — per ottenere uno strumento che gli faccia risparmiare due di quelle ore. Il valore percepito è altissimo. E quello reale pure.

È anche per questo che tutte le big stanno entrando in questo segmento. Google si è presa Windsurf, poi Cognition si è presa ciò che restava. Microsoft ha GitHub. OpenAI ha Codex, con accesso preferenziale a chi usa Azure. Anthropic ha Claude Code, ottimizzato per ambienti enterprise. In mezzo, una pletora di startup con cash a palate, team di ex-DeepMind, e obiettivi nemmeno tanto vaghi: disintermediare la figura del programmatore umano. Una volta era una visione distopica. Oggi è roadmap.

È ironico, se ci pensi. La stessa categoria professionale che ha costruito gli strumenti di automazione sta per essere automatizzata. Con entusiasmo, tra l’altro. Ogni riga di codice che Copilot suggerisce è una dichiarazione implicita: “possiamo farne a meno”. Ogni refactor operato da Cursor è un passo verso l’autonomia del sistema. Ogni bug fixato dall’AI è un bug in meno che un essere umano imparerà a risolvere.

Ma c’è anche un altro lato. L’AI coding non è una minaccia, è un’evoluzione. Come il compilatore rispetto al linguaggio macchina. Come Git rispetto a FTP. I developer non scompariranno, si trasformeranno. Da artigiani del codice a orchestratori di agenti. Da esecutori a supervisori. Forse. O forse no. Forse saremo tutti sostituiti da un modello che ha studiato su Stack Overflow e si è allenato leggendo milioni di repository open source. E forse ci andrà anche bene.

Nel frattempo, GitHub Copilot continua a crescere, Cursor macina ARR come un hedge fund, e i capitali si muovono con precisione chirurgica verso il prossimo colosso del software-as-a-developer. Non è solo una rivoluzione tecnica. È un ribaltamento dei ruoli cognitivi. Chi scrive il codice scrive le regole. Finché qualcun altro non scrive il codice meglio di lui.