Chiunque abbia seguito i mercati finanziari negli ultimi due anni sa che esiste un solo spettacolo degno di nota: i risultati trimestrali di Nvidia. Wall Street li attende come i fedeli attendono le parole del pontefice, solo che in questo caso il vangelo non è spirituale ma fatto di transistor, chip e margini lordi da capogiro. Quando mercoledì l’azienda ha annunciato un fatturato di 46,7 miliardi di dollari, con una crescita del 56% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, i numeri hanno risuonato come un inno alla potenza del mercato chip AI. Eppure la reazione non è stata l’esplosione di euforia che qualcuno si aspettava. Anzi, le azioni Nvidia hanno subito un calo immediato, come se la realtà si fosse presa la briga di ricordare agli investitori che neppure le montagne possono crescere all’infinito.

Vale la pena ricordare che poco più di due anni fa Nvidia incassava appena 7 miliardi di dollari a trimestre. Da allora ha moltiplicato il fatturato quasi per sette, una performance che fa impallidire persino Amazon nei tempi d’oro. Ma la crescita Nvidia, per quanto abbagliante, comincia a mostrare qualche segno di fisiologica decelerazione. Il 56% di oggi sembra quasi timido se confrontato con il 69% registrato ad aprile. È come passare da un razzo spaziale a un jet supersonico: la velocità è ancora folle, ma l’occhio allenato percepisce che qualcosa sta cambiando.

Il management ha parlato di un trimestre futuro con un aumento previsto del 54%, leggermente inferiore, ed è bastato questo per far tremare le mani degli speculatori. E qui sta il paradosso: in qualunque altra azienda del pianeta, una crescita del 54% sarebbe celebrata come miracolo. In Nvidia, invece, viene letta come segnale di raffreddamento. Quando sei diventato il simbolo stesso della febbre dell’oro dell’intelligenza artificiale, il mercato non ti perdona neanche un decimale.

Il cuore del problema non sta tanto nella crescita interna, quanto nel contesto geopolitico. L’amministrazione Trump ha autorizzato la vendita in Cina dei chip H20, una versione “depotenziata” dei superprocessori di Nvidia, costruita apposta per rispettare i limiti imposti dalle restrizioni americane. Ma, come ha ammesso Colette Kress, CFO dell’azienda, mercoledì non è ancora partito nemmeno un container verso Pechino. Il motivo? Quelle che Kress ha definito con delicata vaghezza “questioni geopolitiche”, cioè il fatto che le autorità cinesi non vedono di buon occhio il ruolo dominante di un’azienda americana nel mercato chip AI. Tradotto: anche se la Casa Bianca dà il via libera, la Cina spinge le sue imprese a comprare altrove.

Il risultato è che i Nvidia risultati trimestrali non includono alcun contributo significativo dalla seconda economia del pianeta. Una realtà che potrebbe trasformarsi tanto in un freno quanto in una leva. Perché se mai le spedizioni verso la Cina dovessero iniziare, le proiezioni di crescita verrebbero immediatamente riviste al rialzo. Ma fino ad allora, Nvidia si trova in un limbo. Una posizione scomoda per un colosso abituato a sorprendere i mercati ogni tre mesi.

A complicare il quadro c’è l’accordo fantasma che l’ex presidente Trump avrebbe negoziato con l’azienda, secondo il quale Washington avrebbe ottenuto una riduzione del 15% sui ricavi derivanti dalle vendite in Cina. Un annuncio che ha fatto il giro del mondo, ma che, a detta della stessa Nvidia, non è mai stato codificato in regolamenti. Anzi, nei documenti depositati presso la SEC l’azienda ha scritto nero su bianco che l’intesa “potrebbe esporci a contenziosi legali”. In altre parole, quell’accordo è più un tweet politico che una realtà operativa. La prova definitiva che nella nuova economia dell’AI la geopolitica è tanto importante quanto i transistor.

Questa è la grande lezione dei risultati trimestrali Nvidia: l’hardware è potenza, ma il contesto è potere. Il mercato chip AI è diventato il terreno di scontro di due imperi digitali, quello americano e quello cinese, e Nvidia si ritrova suo malgrado a fare da ago della bilancia. Non è più solo una questione di crescere, ma di sopravvivere all’interno di una scacchiera in cui ogni mossa viene pesata a livello di sicurezza nazionale.

Il punto che pochi vogliono ammettere è che questa crescita Nvidia non è infinita. Non lo è mai, per nessuna azienda. La traiettoria dell’azienda ricorda da vicino la parabola dei grandi titani tecnologici: Apple che da outsider è diventata la più grande corporation del pianeta, Tesla che ha trasformato le auto in smartphone con le ruote, Amazon che ha fatto della logistica un culto. Tutti hanno vissuto la fase della crescita esponenziale, seguita da una stabilizzazione più o meno turbolenta. Nvidia oggi è nel pieno della prima fase, ma i segnali di normalizzazione sono già visibili.

Gli investitori fingono di ignorarli, come bambini che non vogliono che la festa finisca. Ma le azioni Nvidia non possono salire all’infinito. Ogni trimestre si trasforma in una roulette russa: basta un rallentamento minimo per scatenare il panico. Eppure il mercato chip AI resta un oceano di opportunità. Ogni data center costruito nel mondo ha bisogno di GPU Nvidia, ogni start-up di intelligenza artificiale sogna di mettere le mani su un cluster DGX, ogni governo che pensa di competere nell’AI ha Nvidia nei suoi piani di procurement. La domanda resta insaziabile.

Qualcuno si diverte a chiamare Nvidia la nuova “OPEC del silicio”, perché controlla l’offerta di un bene strategico: la potenza di calcolo. E come l’OPEC, deve destreggiarsi tra produzione, geopolitica e mercati finanziari. Con una differenza sostanziale: il petrolio si brucia, i chip Nvidia si replicano e si sostituiscono a una velocità che mette in crisi qualsiasi previsione. La loro vera scarsità non è fisica, ma temporale. Ogni nuova generazione di chip rende obsoleta la precedente, creando un ciclo continuo di domanda che si autoalimenta.

C’è chi si domanda se i Nvidia risultati trimestrali non siano l’ennesima prova che siamo di fronte a una bolla. La storia suggerisce prudenza: ogni volta che il mercato si convince che un’azienda è inarrestabile, la realtà fa irruzione con brutalità. Ma la verità è che Nvidia non è semplicemente un produttore di hardware. È diventata l’infrastruttura invisibile della nuova economia dell’intelligenza artificiale. Un ruolo che non può essere liquidato con la retorica della “bolla”.

La vera domanda è quanto a lungo riuscirà a mantenere questo dominio. Perché mentre Nvidia cresce, i competitor non dormono. AMD, Intel, Google con i suoi TPU, e soprattutto la Cina con i suoi progetti di sovranità tecnologica, stanno investendo miliardi per ridurre il gap. La partita è appena iniziata e la velocità con cui evolvono i mercati tecnologici non lascia margini di errori.

Nel frattempo, il pubblico globale continua a guardare Nvidia come se fosse una divinità tecnologica. Gli analisti pubblicano report che oscillano tra la devozione e il delirio, gli hedge fund si muovono come falchi intorno a ogni virgola dei comunicati stampa, i politici cavalcano il nome Nvidia per sostenere le loro narrative sulla leadership tecnologica. È la nuova religione del capitale, e ogni trimestre è una liturgia.

La realtà, come sempre, è più noiosa e più complessa. Nvidia continuerà a crescere, probabilmente ancora per diversi anni, trainata dall’AI generativa e dal mercato chip AI che non conosce recessione. Ma la crescita Nvidia diventerà progressivamente meno spettacolare, più vicina a un “normale” 20-30% annuo, un ritmo comunque impressionante. Sarà allora che si capirà se l’azienda avrà la forza di reinventarsi ancora una volta, o se diventerà solo un’altra gigante tecnologica ingabbiata nella sua stessa grandezza.

Fino ad allora, ogni trimestrale continuerà a essere un evento planetario. Gli Nvidia risultati trimestrali non sono più solo dati finanziari: sono la bussola che indica la direzione dell’intera industria tecnologica. E nel frattempo, mentre analisti e politici litigano sulle percentuali, la vera storia è che un’azienda nata come produttore di schede grafiche per videogiochi ha conquistato il cuore pulsante della rivoluzione digitale. Non male per un business che un tempo serviva solo a far girare più velocemente Doom sul PC di casa.