
Analizziamo il cambiamento radicale nell’uso di GenAI nel 2025 e cosa significa per chi guida prodotti tecnologici o strategia digitale.
La prima cosa che salta agli occhi è che siamo passati da una narrativa tecnica a una narrativa profondamente umana. Nel 2024, GenAI era ancora visto principalmente come uno strumento per generare contenuti, automatizzare codice o stimolare idee creative. In meno di 12 mesi, la priorità si è spostata su bisogni emotivi e organizzativi: terapia, compagnia, gestione della vita, ricerca di significato e miglioramento del benessere sono oggi le applicazioni dominanti. Questo non è un dettaglio trascurabile: indica che le persone vogliono che l’AI lavori per loro, non solo per i loro progetti.
1. Terapia / Compagnia – in salita dalla 2ª posizione
2. Organizzare la mia vita – nuova entrata in 2ª posizione
3. Trovare uno scopo – nuova entrata in 3ª posizione
4. Migliorare l’apprendimento – in salita dall’8ª posizione
5. Generare codice (per professionisti) – in salita dalla 47ª posizione
6. Generare idee – in discesa dalla 1ª posizione
7. Intrattenimento e divertimento – stessa posizione dell’anno scorso (6ª)
8. Migliorare il codice (per professionisti) – in salita dalla 19ª posizione
9. Creatività – in salita dalla 27ª posizione
10. Vita più sana – in salita dalla 75ª posizione
La top ten dei casi d’uso del 2025 è illuminante. La terapia e la compagnia occupano il primo posto, una posizione che l’anno precedente era la seconda. Il secondo e il terzo posto sono addirittura occupati da “Organizzare la mia vita” e “Trovare uno scopo”, entrambe nuove voci. Questo indica un cambio radicale nella percezione di GenAI: non più mero strumento produttivo, ma partner per la vita quotidiana. Il salto di “Generare codice per professionisti” dal 47° al 5° posto riflette una nicchia professionale che sta iniziando a vedere GenAI come un acceleratore di qualità e produttività, ma ancora molto secondaria rispetto ai bisogni personali.
Il dato più rivelatore è probabilmente che il 31% dei casi d’uso principali ricade oggi sotto la categoria “supporto personale e professionale”, rispetto al 17% del 2024. Il significato è chiaro: la tecnologia non è più solo un mezzo per risolvere problemi tecnici, ma uno strumento per ridurre il carico mentale e guidare le azioni quotidiane. La self-actualization economy è arrivata, e con essa la richiesta di prodotti AI che abbiano una funzione psicologica, organizzativa e motivazionale, non solo computazionale.
Questa evoluzione ha implicazioni enormi per chi costruisce prodotti o servizi AI. Il design centrato sull’uomo non è più un vantaggio competitivo, è un requisito essenziale. Le aziende che continueranno a focalizzarsi su funzionalità “tecniche pure” rischiano di essere marginalizzate rispetto a quelle che sanno incorporare empatia, organizzazione e guida personale nelle loro piattaforme. Gli utenti vogliono ridurre il carico cognitivo, liberare tempo mentale e ricevere supporto nella gestione della complessità della loro vita.
Un altro elemento curioso riguarda la creatività e l’intrattenimento. Nonostante siano sempre presenti, il loro ranking non è esploso come ci si potrebbe aspettare. Questo indica che l’AI non è più percepita come uno strumento di svago o di brainstorming isolato, ma come un compagno di vita, quasi terapeutico. La cultura digitale sta maturando: l’AI diventa un’estensione della mente e delle emozioni, non solo della produttività.
In termini di progettazione del prodotto, il messaggio è chiaro: le interfacce devono essere intuitive, integrate nel flusso quotidiano e capaci di anticipare bisogni personali. Generare codice, suggerire idee o produrre contenuti rimane utile, ma la vera differenziazione arriva da AI che migliora la qualità della vita. Marc Zao-Sanders e Harvard Business Review non stanno semplicemente condividendo trend: stanno mostrando che i comportamenti umani stanno dettando la roadmap tecnologica.
L’ironia della situazione non sfugge: dopo decenni di hype tecnologico incentrato su efficienza, scalabilità e automazione, siamo tornati al cuore del problema umano: ansia, organizzazione, ricerca di significato. Le aziende tecnologiche devono oggi saper combinare sofisticazione tecnica e comprensione psicologica, perché l’AI che non riesce a connettersi alle emozioni e ai bisogni quotidiani rischia di essere ignorata.
Il 2025 segna il passaggio da GenAI come strumento a GenAI come compagno di vita. Le metriche di successo non saranno più solo linee di codice o contenuti generati, ma la capacità di ridurre il carico mentale, supportare decisioni, organizzare il tempo e persino fornire compagnia o scopo. La rivoluzione dell’AI non è più tecnica: è profondamente umana.
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