OpenAI ha pubblicato una raccolta di 100 prompt per ChatGPT creati, sperimentati e votati da studenti universitari di oltre 50 atenei negli Stati Uniti e in Canada. L’iniziativa, detta “ChatGPT Lab, Spring 2025”, ha visto 70 studenti collaborare a distanza, testare vari tipi di prompt, affinare il linguaggio e selezionare quelli che forniscono utilità reale, non solo “bella idea”. Vedi Blog
Gli ambiti principali di utilizzo sono tre: studio, carriera e vita quotidiana. Gli esempi vanno dal semplice (“trova sinonimi per ‘sophisticated’”) a richieste molto più complesse e personalizzate (“agisci come avvocato/coach”, “prepara simulazioni di colloquio”, “scopri i tuoi veri obiettivi di vita”).
SettantA studenti, più di cinquanta università coinvolte. Tra gli atenei: Stanford, University of Pennsylvania, Ohio State, UCLA, BYU, Washington University in St. Louis.
Si sono incontrati settimanalmente online. Hanno condiviso esempi reali (“best chats”), li hanno testati, raffinati, votati. Alla fine OpenAI ha messo a disposizione la raccolta “Top 100 Chats / Prompts” per studenti (e non solo).
È disponibile una versione cartacea (book) che viene distribuita in circa 50 università.
Qualche esempio concreto per capire la portata — non solo teoria:
Nel settore studio: “Create a quiz instantly” per un esame, “Make flashcards faster”, “Simplify temi complessi spiegandoli su livelli diversi di approfondimento (elementary / high school / college)”
Per la carriera: preparare lettere di presentazione che riflettano il tuo stile, simulazioni di colloquio, valutazioni realistiche dei propri punti di forza / debolezza, scenari di negoziazione salariale.
Per la vita quotidiana: piani pasto salutari basati su menu delle mense universitarie (“pre-game the dining hall menu”), suggerimenti per viaggi, gestione del tempo, abitudini di benessere, organizzare lavori di gruppo, contratti, appartamenti.
Intanto diventa chiaro che gli studenti non usano ChatGPT solo come “giocattolino tecnologico”: lo vedono come un alleato concreto, anche per attività che richiedono disciplina, rigore, creatività.
Ma c’è un lato oscuro. Alcuni educatori temono dipendenza, plagio, superficialità nella cultura accademica. Alcune scuole stanno già reagendo con restrizioni o rivalutazioni dei metodi di valutazione—meno test scritti da casa, più verifiche in presenza, assegnamenti che difficilmente possono essere “fatti da ChatGPT”.
Questo esperimento dimostra che AI può spingere verso una trasformazione didattica radicale: non più solo “strumento”, bensì componente strutturale del percorso formativo. Se le università non si adattano, rischiano che l’AI definisca i parametri della competizione educativa, non loro.
Le università europee (e italiane in particolare) dovrebbero osservare questo modello: coinvolgere studenti in laboratori reali sull’AI, non limitarsi a linee guida o policy, ma permettere che inventino, testino, votino.
Chi studia e chi insegna può trarre valore da questa raccolta: non basta “usare ChatGPT”, serve capire come usarlo bene, in modo da sviluppare competenze (pensiero critico, auto-riflessione, autenticità) che l’AI non può replicare completamente.