Il colosso di Seattle ha deciso di tirare fuori due miliardi e mezzo di dollari in multe e rimborsi ai clienti Prime, in risposta alle accuse della Federal Trade Commission di aver ingannato gli utenti per generare sottoscrizioni. Per Amazon, la cifra è praticamente spiccioli: bastano 33 ore di vendite per racimolare lo stesso importo. Gli investitori hanno reagito come se nulla fosse successo, perché in fondo il mercato sa che “danni e rimborsi” sono solo una voce di bilancio trascurabile.

I 35 milioni di clienti Prime coinvolti riceveranno automaticamente 51 dollari ciascuno, un piccolo premio di consolazione per chi si è ritrovato iscritto senza volerlo tra il 2019 e il 2025. Amazon, come da copione, non ha ammesso alcuna colpa: il pagamento è un gesto di facciata, un modo elegante per evitare ulteriori scandali pubblici. Chi ha tentato di cancellare l’iscrizione senza riuscirci può ancora reclamare, ma il processo è più un contentino legale che una reale rivoluzione.

La compagnia ha annunciato che la nuova politica includerà un pulsante “chiaro e visibile” per rifiutare la sottoscrizione Prime. Traduzione: fino a ieri era nascosto come un tesoro pirata, ora si vede, ma non illudiamoci, l’attrazione di Prime resta irresistibile. Jeff Bezos una volta voleva rendere il servizio così “coinvolgente” che i consumatori si sarebbero sentiti irresponsabili a non iscriversi. Missione compiuta.

La FTC ha descritto il mondo delle sottoscrizioni Amazon come “un po’ losco”, parlando di “cancro non dichiarato” per riferirsi alle iscrizioni indesiderate. La vicenda fa ridere e piangere: mentre gli avvocati e i dirigenti discutono di compliance, la gente continua a cliccare “accetta” sperando che il pacco arrivi domani. Ironia della sorte, la multa di un miliardo per l’agenzia federale è meno del costo di due ore di pubblicità online di Amazon.

La storia si trascina dal primo mandato di Trump, con Lina Khan che nel frattempo definiva il pagamento “una goccia nel mare” per il gigante dell’e-commerce. Poco importa, perché Prime ha continuato a crescere: i ricavi da sottoscrizioni hanno toccato quasi 24 miliardi nella prima metà del 2025. Un numero così enorme da far sembrare la multa un caffè di Starbucks.

Chi si aspetta che queste “modifiche” fermino la diffusione di Prime negli Stati Uniti resterà deluso. Anche con un pulsante di cancellazione evidente, gli analisti e i consumatori sanno che la praticità, i vantaggi esclusivi e l’inerzia culturale rendono Prime un’abitudine quasi obbligata. La trasparenza promessa è più un esercizio di PR che un cambiamento reale, ma l’FTC può alzare il trofeo della vittoria simbolica mentre Amazon continua a macinare profitti.

Amazon Prime rimane il paradigma perfetto di come la tecnologia e il marketing possano trasformare piccoli inganni in flussi di reddito miliardari, con clienti che accettano di buon grado di essere “irresponsabili”. Se qualcuno sperava in un epilogo morale, può consolarsi con 51 dollari. Per tutti gli altri, la lezione è chiara: anche quando perdi, i giganti della Silicon Valley vincono sempre, almeno sul lungo periodo.

Gli investitori sorridono, i consumatori incassano briciole e la FTC può vantarsi della seconda più grande restituzione mai imposta. Amazon Prime continua a vivere nelle case americane come un parente ingombrante ma irresistibile. Chi prova a cancellarlo scoprirà che l’arte dell’illusione digitale funziona ancora meglio di quanto immaginassimo. La morale è sottile e cinica: non contate troppo sulla giustizia, contate sulla prossima consegna gratuita in giornata.