Un caffè al Bar dei Daini
La distopia è il nuovo clickbait. Ogni giorno, tra titoli sensazionalistici e post virali, ci viene venduta la narrativa di un mondo sommerso dall’intelligenza artificiale, dove l’umanità è ridotta a spettatrice impotente. Ma, come spesso accade, la verità è meno drammatica e più complessa di quanto i titoli lasciano intendere.
Chi guida aziende di intelligenza artificiale, organizza workshop o scrive libri su come “sopravvivere all’era dell’IA” ha un interesse diretto nel seminare paura. È il trucco più antico del marketing: vendere la soluzione a un problema che si è abilmente creato. Eppure, la storia ci insegna che ogni era di “disruptive innovation” è stata accompagnata da apocalittiche previsioni, puntualmente smentite dai fatti.
David Deutsch, nel suo The Beginning of Infinity, esprime un principio che sfida le narrazioni catastrofiste: “I problemi sono inevitabili. Ma i problemi sono risolvibili.” La sua “Principle of Optimism” sostiene che il progresso non è ostacolato dalle paure, ma solo dalla mancanza di conoscenza. Ogni sfida, quindi, è un’opportunità per espandere la nostra comprensione e capacità.
Quando l’automobile fece la sua comparsa, si temeva la fine dei produttori di carrozze. Nessuno prevedeva l’ascesa dell’acciaio, del petrolio, delle autostrade o della logistica globale. Tra il 1875 e il 1920, la produzione di acciaio negli Stati Uniti passò da circa 380.000 tonnellate a 60 milioni di tonnellate, rendendo gli USA leader mondiali nel settore. Questo boom industriale non solo sostituì vecchi mestieri, ma creò interi ecosistemi economici nuovi.
In Svezia, tra il 1860 e il 1917, l’accesso alla ferrovia portò a un incremento cumulativo del 120% del reddito non agricolo reale in 30 anni. Questo fenomeno, noto come “big push”, dimostra come investimenti infrastrutturali possano generare crescita economica anche in regioni precedentemente marginali.
Oggi, sebbene l’automazione e la digitalizzazione abbiano trasformato alcuni settori, l’occupazione totale negli Stati Uniti è prevista crescere del 3,1% tra il 2024 e il 2034, aggiungendo circa 5,2 milioni di posti di lavoro. La crescita è particolarmente forte in settori come i servizi professionali, scientifici e tecnici, l’assistenza sanitaria e l’IT.
Un’analisi del MIT evidenzia che, sebbene alcune tecnologie di automazione possano ridurre la domanda di lavoro in determinati contesti, la sostituzione di lavoratori a basso costo con tecnologie più efficienti può comunque portare a un aumento complessivo della domanda di lavoro, soprattutto quando le nuove tecnologie creano nuove opportunità e settori (vedi Massachusetts Institute of Technology).
Il World Economic Forum, nel suo rapporto Future of Jobs 2025, prevede che, sebbene 92 milioni di posti di lavoro possano essere eliminati entro il 2030, ne saranno creati 170 milioni, con un saldo netto positivo di 78 milioni di posti di lavoro. Questo scenario evidenzia come l’evoluzione tecnologica possa portare a una trasformazione del mercato del lavoro, piuttosto che a una sua distruzione (vedi World Economic Forum).
La paura del futuro è spesso più rumorosa della creazione del nuovo. Le sfide sono reali, ma le soluzioni sono possibili. Come sostiene Deutsch, non abbiamo ancora la conoscenza per vedere molte delle nuove realtà che stiamo creando. Questo non significa che non esisteranno mai; significa solo che dobbiamo continuare a cercare, innovare e adattarci.
Fonti:
- David Deutsch, The Beginning of Infinity.
- U.S. Bureau of Labor Statistics, Employment Projections 2024–2034.
- World Economic Forum, The Future of Jobs Report 2025.
- Erik Lindgren, The Causal Effect of Transport Infrastructure: Evidence from a New Historical Database.