Chi pensava che l’Australia fosse solo surf, canguri e miniere di ferro dovrà aggiornare i cliché. Da Melbourne arriva un segnale che suona come uno schiaffo elegante al dominio tecnologico dei soliti colossi globali: AI-F1, il più potente supercomputer di intelligenza artificiale sovrano mai costruito nel Paese. Non è un giocattolo da laboratorio, ma una macchina progettata da ResetData con i nuovissimi GPU Nvidia H200, cioè il tipo di chip che di solito viene comprato a pacchi da Microsoft, Google e Amazon per addestrare modelli linguistici mostruosi. Qui invece serve a un progetto dichiaratamente politico e strategico: garantire che l’Australia non debba chiedere permesso a Seattle o a Mountain View per fare AI di livello mondiale.
C’è un dettaglio che fa sorridere i tecnici e tremare i burocrati: AI-F1 non è solo due volte più potente delle attuali infrastrutture pubbliche come Gadi e Setonix, ma nasce specificamente per l’era dei large language model. In altre parole, l’Australia vuole giocare in serie A dell’intelligenza artificiale senza abbonarsi a una cloud americana. La mossa è spudoratamente pragmatica, ma anche simbolica: significa trattenere i dati sensibili all’interno dei confini nazionali, proteggendo settori che spaziano dalla difesa alla sanità, senza regalarli agli algoritmi stranieri. Bass Salah, co-CEO di ResetData, lo ha definito “il futuro dell’AI australiana”. La frase sa di slogan, ma sotto c’è un pensiero serio: chi possiede le infrastrutture possiede il futuro.