“Avatar ONU e il cortocircuito tra tecnologia empatia e politica migratoria”
L’idea che due avatar IA, creati da un centro di ricerca collegato alle Nazioni Unite, possano insegnare al mondo cosa significhi davvero essere rifugiati suona come una provocazione con il sapore amaro della distopia. Nel 2025, mentre si parla di intelligenza artificiale che cambia tutto dalla medicina alla finanza c’è chi pensa che un bot digitale, incarnato in un personaggio come Amina, una donna fittizia scappata dal Sudan, o Abdalla, un soldato immaginario della Rapid Support Forces, possa sostituire la complessità del vissuto umano. L’idea sembra un lusso accademico fuori contesto, lontano dal terreno reale delle sofferenze umane.