La privacy AI è un ossimoro affascinante. Ci piace pensare che una conversazione con un’intelligenza artificiale sia un momento intimo, quasi catartico, un confessionale digitale dove possiamo scaricare i nostri drammi sentimentali o le nostre paure professionali senza timore. Peccato che Sam Altman, il CEO di OpenAI, ci abbia appena ricordato che è una fantasia. Niente riservatezza conversazioni digitali, niente confidenzialità dati sensibili. Se oggi ti confidi con un avvocato o un terapeuta, la legge ti protegge. Se ti confidi con ChatGPT, sei solo un dato tra miliardi, pronto a essere esaminato in tribunale su richiesta di un giudice. È il prezzo della modernità, ci dicono. Ma è anche un gigantesco problema di fiducia che potrebbe frenare l’adozione di massa dell’intelligenza artificiale.