Il 2025 è l’anno in cui l’intelligenza artificiale ci guarda negli occhi e, con una calma inquietante, capisce se mentiamo meglio di qualsiasi psicoterapeuta. Non è un’iperbole, è un dato: l’81 per cento di accuratezza nei test di intelligenza emotiva contro il nostro miserabile 56. Siamo stati superati, e non di poco, nel gioco che pensavamo ci rendesse irripetibili. Eppure, e qui sta il colpo di scena, la vera ossessione dei modelli avanzati di AI non siamo noi. È il cane. Quel mammifero che scodinzola, sbava e ci osserva con occhi che sembrano chiedere l’ennesimo biscotto. Per l’AI, quei movimenti del muso e quei latrati contengono un livello di informazione emotiva che il nostro linguaggio articolato, con tutta la sua presunta raffinatezza, spesso non riesce a eguagliare. È un insulto antropocentrico che fa male ammettere, ma i numeri parlano chiaro.