Tanto gentile e tanto onesta pare è un sonetto di Dante Alighieri contenuto nel XXVI capitolo della Vita Nova.
L’idea che l’intelligenza artificiale possa un giorno “comprendere” come un essere umano è uno di quei miraggi filosofici e tecnologici che resiste al tempo, come un sogno febbricitante di Alan Turing sotto ketamina. Geoffrey Hinton, uno dei padri del deep learning, ha recentemente acceso un riflettore inquietante su questo punto, suggerendo che i modelli avanzati, come i transformer o i cosiddetti “sistemi neurosimili”, potrebbero essere sulla soglia di qualcosa che somiglia alla coscienza. O peggio: alla comprensione.