Il piagnisteo è sempre lo stesso. I grandi editori urlano al tradimento mentre guardano le curve di traffico sprofondare come un grafico azionario dopo uno scandalo contabile. Ma non è un incidente, è un cambio di paradigma annunciato, chirurgico e spietato. Google Discover, che fino a ieri era l’ultima fonte di ossigeno per molti giornali già asfissiati dal crollo del traffico organico, ora si popola di riassunti generati da intelligenza artificiale. Non più titoli accattivanti che spingono l’utente a cliccare, ma un sommario sintetico, firmato da un algoritmo che cita le fonti con un paio di loghi in un angolo, come un notaio distratto che appone la firma senza neanche leggere. “Questi riassunti sono generati con AI, che può commettere errori”, avverte candidamente l’app. Una frase che vale più come scudo legale che come reale preoccupazione etica. Il messaggio subliminale è un altro: “ti basta questo, non serve che tu apra il sito”.