Il bello di Google è che sembra sempre danzare sul filo di un rasoio d’oro. I numeri raccontati mercoledì confermano una verità imbarazzante per chi sperava nel declino della sua egemonia: la ricerca, quella che tutti davano per spacciata di fronte a ChatGPT e ai suoi cugini generativi, non solo regge ma accelera. Il business pubblicitario, il cuore pulsante di questa miniera, continua a pompare ricavi come se nulla fosse, un insulto velato a chi aveva già scritto l’epitaffio del motore di ricerca più potente del pianeta. Per ora, gli utenti preferiscono ancora digitare piuttosto che conversare con un chatbot. Sì, la Generative AI è sexy, ma la monetizzazione della curiosità umana resta ancora un gioco che Google sa giocare meglio di chiunque altro.