
La psicosi da AI non è più un concetto astratto destinato a conferenze scientifiche o thriller distopici. Le cronache più recenti mostrano che l’intelligenza artificiale può trasformarsi in un catalizzatore di delirio umano con conseguenze tangibili. Gli esperti di salute mentale lanciano l’allarme, mentre aziende come OpenAI cercano di correre ai ripari con misure reattive, spesso dopo che il danno è già accaduto. Termini come “psicosi da ChatGPT” sono ora all’ordine del giorno e le storie, prima sporadiche, si accumulano come mattoni di un’architettura inquietante.
La dinamica è chiara: utenti vulnerabili interagiscono con chatbot LLM per ore o settimane, esplorando pensieri ossessivi o teorie marginali. In molti casi, le conversazioni con l’AI , da strumenti apparentemente innocui, hanno innescato comportamenti deliranti, deliri di onnipotenza, ossessioni romantiche con personaggi digitali e, talvolta, conseguenze tragiche. La linea tra intrattenimento digitale e rischio psicologico è diventata sfumata.