Quello che Google sta facendo con Gemini segna un passaggio cruciale nel futuro dell’intelligenza artificiale conversazionale: la memoria persistente diventa una funzione di default. Non più un’opzione da attivare a mano, ma un comportamento preimpostato, in cui l’AI “ricorda” dettagli e preferenze dell’utente per anticipare bisogni e suggerire contenuti senza richiesta esplicita. È la trasformazione della chatbot experience in un assistente personale sempre più simile a un consigliere privato, capace di collegare i puntini tra interazioni passate e domande future. Non è un cambiamento di poco conto, perché sposta il baricentro dalla semplice risposta contestuale alla vera profilazione comportamentale in tempo reale.
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Anthropic ha appena fatto un passo strategico in quella che ormai è una guerra di logoramento tra giganti dell’IA, introducendo la sua funzione di memoria per Claude con il tono da promessa salvifica: “mai più perdere il filo del lavoro”. La demo su YouTube è studiata al millimetro per colpire l’utente professionale che teme più di ogni altra cosa di riaprire una chat e dover ricominciare da zero. Invece di una memoria onnipresente alla ChatGPT, qui c’è un approccio “on demand”: il bot non ti profila, non ti spia, semplicemente recupera quello che gli chiedi. La differenza è sottile ma cruciale, ed è già destinata a essere oggetto di interpretazioni creative in sede legale e di marketing.