La Cina non ha semplicemente organizzato i primi giochi mondiali per robot umanoidi. Ha trasformato Pechino in un palcoscenico dove l’ambizione tecnologica si fonde con lo spettacolo, facendo correre, combattere e persino ballare creature di metallo e circuiti come se stessimo assistendo a un’anteprima del futuro prossimo. Non si tratta di una trovata per i telegiornali del venerdì sera. È un messaggio politico-industriale avvolto nella cornice di un evento sportivo, un esercizio di soft power dove il protagonista non è un atleta, ma un algoritmo.