Quando pensiamo a Google immaginiamo un motore di ricerca imparziale, una macchina perfettamente logica che restituisce risultati obiettivi. Safiya Noble ci costringe a fare marcia indietro e a guardare la realtà con occhi meno ingenui. La studiosa americana, docente di media studies, ha passato anni a osservare come le persone interagiscono con i motori di ricerca, scoprendo che dietro l’apparente neutralità si nascondono pregiudizi radicati. Digitando parole chiave legate a donne nere o latine, i risultati mostrano contenuti sessisti, degradanti e apertamente razzisti. Non si tratta di incidenti isolati, ma di pattern sistematici. Ogni query diventa uno specchio deformante della società, un amplificatore di stereotipi e discriminazioni.