La storia della ricerca digitale ha sempre avuto un difetto strutturale: l’approccio “cerca una volta e riepiloga”. Un metodo che, diciamocelo, ha la stessa profondità intellettuale di una scansione veloce su Google mentre aspetti il caffè. Per anni, gli strumenti AI più avanzati hanno semplicemente copiato questa routine, magari migliorandola con qualche variante parallela o incrociando dati senza anima. Nulla di male, se si cercano risposte da manuale. Ma nel mondo reale, quello dove la ricerca vera avviene, si scrive una bozza, si capisce cosa manca, si approfondisce, si torna indietro, si riscrive e così via, in un ciclo creativo che ha richiesto fino a oggi una mente umana. Fino all’arrivo di Test-Time Diffusion Deep Researcher (TTD-DR) di Google, un vero game-changer.