Nel 1944, l’OSS (Office of Strategic Services), precursore della CIA, pubblicò il “Simple Sabotage Field Manual“, una guida per aiutare i cittadini a sabotare le operazioni nemiche attraverso atti di disturbo. Sebbene il manuale contenga istruzioni per danneggiare infrastrutture vitali, come impianti di gas e fognature, una sezione significativa riguarda la “Generale Interferenza con le Organizzazioni e la Produzione”. In parole semplici, come sabotare un’azienda dall’interno.

A distanza di 80 anni, sembra che molte organizzazioni abbiano preso alla lettera questi consigli per il successo aziendale, adattandoli alle proprie pratiche quotidiane. Il risultato? Un ambiente di lavoro inefficiente, privo di innovazione e sempre più frustrato.

Le Riflessioni del Manuale: Paralleli Moderni

Il manuale di sabotaggio dell’OSS è diretto e non lascia spazio a dubbi. Le sue indicazioni per interrompere il lavoro all’interno delle organizzazioni sono incredibilmente simili alle pratiche aziendali che vediamo oggi. Si va dal rallentare la comunicazione interna con discussioni infinite, al dare promozioni a dipendenti inefficaci per abbassare il morale, fino a fare richieste insensate di approvazioni multiple per ogni decisione. Se leggiamo attentamente, possiamo riconoscere nelle dinamiche aziendali contemporanee molte di queste tattiche applicate come prassi quotidiana.

Questo approccio di sabotaggio non è solo un riflesso di disfunzioni organizzative, ma una cultura che viene vista come “normale” in molte aziende. Ma il vero paradosso è che chi cerca di sfidare queste abitudini diventa automaticamente visto come il “saboteur” – proprio come accade nel manuale della CIA.

Psicologia della Sabotaggio: I Bias Cognitivi

Nel contesto moderno, la sabotaggio aziendale è alimentato da una serie di bias cognitivi che frenano la vera innovazione. La psicologia comportamentale ci offre spunti interessanti per comprendere come questi bias influenzano le nostre decisioni e rallentino il progresso. Tra i principali, possiamo identificare:

  1. Paura di sbagliare (Loss Aversion): La tendenza a evitare il fallimento ci spinge a restare nell’area di comfort, accettando pratiche inefficaci pur di evitare il rischio.
  2. Complessità (Complexity Bias): La convinzione che solo le soluzioni complicate siano valide, che ci impedisce di optare per risposte semplici e più efficaci.
  3. Mentalità da branco (Herd Mentality): Seguire ciò che fanno gli altri, invece di pensare in modo indipendente, porta a decisioni che non si fondano su una reale comprensione, ma sulla pressione sociale.
  4. Illusione del progresso (Action Bias): Sentirsi produttivi solo perché stiamo facendo qualcosa, anche quando le nostre azioni non portano alcun miglioramento concreto.
  5. Convinzione di competenza (Dunning-Kruger Effect): Chi è meno esperto tende a sentirsi più sicuro di sé, portando a decisioni errate basate su una percezione di competenza che non esiste.

L’Impatto della Metriche: Le Trappole dei Dati

Oggi, il vero nemico dell’innovazione è la cultura aziendale incentrata sui KPI. Le metriche ci spingono a concentrarci sui numeri invece che sui veri problemi da risolvere. Non si tratta più di risolvere questioni complesse e ambigue, ma di vincere discussioni o, peggio, di fare ciò che è conveniente per mantenere il posto di lavoro.

Spesso le decisioni aziendali sono dettate non dalla ricerca di soluzioni genuine, ma dall’imitazione di tendenze popolari, come dimostrato da investimenti rischiosi nel metaverso o l’adozione acritica di Web3. Il risultato è un ciclo continuo di hype che si autoalimenta. E così facendo, ci accontentiamo di cercare validazione invece di produrre valore autentico.

Come Rompere il Ciclo: Dissentire per Innovare

Per fermare il sabotaggio interno e rompere con queste dinamiche auto-distruttive, è necessario un cambio di paradigma. In primo luogo, bisogna porre domande fondamentali:

  1. Perché stiamo facendo questo?
  2. Chi è il destinatario di questo lavoro?
  3. Questo lavoro ha davvero un valore per loro?

Spesso, l’innovazione aziendale non è altro che una ricerca di approvazione da parte dei colleghi e dei superiori, un voler “non uscire dal coro”. La vera innovazione, invece, nasce dalla volontà di sfidare lo status quo e creare valore in modo autentico.

L’Importanza della Dissentire

Le aziende devono creare una cultura in cui sfidare il status quo sia incoraggiato, non temuto. La figura del “diavolo avvocato” non dovrebbe essere un ruolo isolato, ma una mentalità condivisa. La dissidenza deve diventare parte integrante del processo decisionale.

Inoltre, è cruciale che le persone siano in grado di fare un passo indietro e riflettere sul proprio lavoro, chiedendosi se ciò che stanno facendo ha davvero un impatto positivo, sia per l’organizzazione che per il pubblico.

L’Arte di Semplicità: Rompere con la Complessità

Un altro strumento fondamentale per evitare la trappola della sabotaggio organizzativo è quello di semplificare le cose. Più il processo decisionale è complesso, più è difficile innovare. Ad esempio, limitare il tempo dedicato alle riunioni e cercare risposte più semplici è essenziale per evitare l’inefficienza. Spesso, ci convinciamo che la soluzione migliore sia la più complicata, ma il più delle volte, la soluzione semplice è quella che porta ai migliori risultati.

Concludere con Coraggio: L’Innovazione Non È una Moda

Per innovare realmente, bisogna sfidare le convenzioni e non aver paura di esplorare nuovi territori. L’obiettivo non è “essere all’avanguardia”, ma fare qualcosa che veramente abbia valore. L’innovazione nasce da esperimenti audaci e dalla capacità di dissentire con coraggio, anche quando la maggior parte dei colleghi segue la via più sicura.

In un mondo dove la conformità spesso prevale, chi osa uscire dagli schemi è colui che porta una vera innovazione. E questa è la chiave per evitare di cadere nel sabotaggio aziendale.