La scena è quasi surreale: Xi Jinping, leader di un impero tecnologico sotto assedio, osserva un robot a due braccia che raccoglie immondizia da una scrivania, mentre un altro, su due gambe, pedala come un bambino precoce. La cornice è quella di Shanghai, nell’epicentro dell’innovazione cinese in AI e robotica, ma il sottofondo è quello di una guerra fredda digitale che si è appena fatta più rovente con l’ennesima bordata di dazi americani. Il messaggio, nemmeno troppo velato, è: “Ce la faremo da soli”. Tradotto in linguaggio da CEO: decoupling is real, and it’s personal.

Xi, con il solito sorriso da nonno benevolo ma onnipotente, visita lo SMC Shanghai Foundation Model Innovation Centre, il centro nevralgico dove la Cina sta incubando il suo futuro digitale senza l’ausilio occidentale. Qui, la nuova leva di imprenditori tech gli offre uno spettacolo costruito per l’occasione, ma impregnato di strategia geopolitica: robot umanoidi, occhiali intelligenti, modelli multimodali e chip interamente domestici. Tutto è autoctono, ogni bit è patriottico. E mentre Xi osserva e loda, il messaggio filtrato tra le righe è una chiamata alle armi: la tecnologia sarà sovrana, o non sarà.

La parte più teatrale la offre AgiBot, la start-up fondata da Peng Zhihui, ex golden boy di Huawei diventato influencer tech. Il robot G1 pulisce la scrivania con meticolosità post-confuciana, mentre l’X2 pedala come se il destino della nazione dipendesse da quelle due ruote. Xi scherza: “Un giorno giocheranno anche a calcio?”. Ma dietro alla battuta – un sogno dichiarato da Xi stesso nel 2011, che la Cina un giorno vinca i Mondiali – si cela il vero gioco: mostrare al popolo e al mondo che il soft power cinese ha muscoli veri, non solo chip fabbricati a Taiwan.

Anche Infinigence AI, specializzata in potenza di calcolo e ottimizzazione di chip domestici, recita la parte del soldato fedele. Il CEO Xia Lixue non esita a dichiarare al presidente che tutto è made in China, e che l’età media dei dipendenti è 32 anni: giovani, patrioti e brillanti, come li vuole il Partito. Il messaggio a Nvidia è chiaro: vi stiamo raggiungendo. O almeno ci proviamo con furore rivoluzionario.

Poi c’è XtalPi, società quotata a Hong Kong che usa AI e robotica per la ricerca farmaceutica. Anche loro si allineano al nuovo catechismo: autosufficienza scientifica e indipendenza tecnologica. Il che, tradotto in finanza, equivale a un +3.2% in borsa. SenseTime, altro gigante dell’AI made in China, guadagna il 2.7% dopo l’incontro con Xi. Perché? Perché il mercato, a quanto pare, premia chi si inginocchia con stile davanti al nuovo Zar dell’algoritmo.

Intanto, sullo sfondo, la Cina raccoglie asset strategici: big data, produzione industriale integrata e un mercato interno talmente vasto che può giocare la partita da solo. Ma il tempo non è infinito. Senza GPU di fascia alta, senza ASML, senza TSMC, la strada dell’autarchia tecnologica sarà lastricata di compromessi.

Eppure, la narrazione è chiara: non vogliamo solo resistere, vogliamo dominare. E se serve, costruiremo l’intero stack da zero: dal silicio fino al robot calciatore che realizzerà il sogno di Xi ai mondiali.