Mentre l’Occidente si arrabatta fra GPT-4o, rilasci frettolosi e comunicati autocelebrativi, Xiaomi scende in campo con qualcosa di più concreto e chirurgicamente orientato: MiMo. Sì, proprio come la madre dei transformer, ma qui niente robottoni, solo 7 miliardi di parametri spremuti con intelligenza – quella artificiale, certo – dal team Core, la task force interna creata per scalare la vetta del deep learning. Non è un prodotto da demo conference, è una dichiarazione di guerra: l’obiettivo è infilare l’AI in ogni pezzo di hardware firmato Xiaomi, dallo smartphone allo scooter elettrico, passando per i tostapane connessi.

MiMo è un modello ragionante, specializzato in matematica e coding, che – secondo Xiaomi – batte sia l’o1-mini di OpenAI che il QwQ-32B-Preview di Alibaba. Poco importa se questi benchmark odorano di “confronti su misura”, perché in Borsa il mercato se n’è fregato e ha premiato l’annuncio: +5,3% per le azioni Xiaomi e +14,2% per Kingsoft Cloud Holdings, dove guarda caso Xiaomi e il suo patron Lei Jun hanno una bella fetta d’interesse.

Il contesto è chiaro: la Cina ha deciso che non prenderà lezioni di intelligenza da nessuno, tantomeno da San Francisco. Con 10.000 GPU comprate in sordina (come riportava Jiemian già a dicembre), Xiaomi si è costruita la sua mini NVIDIA-farm e ora punta a una simbiosi perfetta tra chip, silicio e cervello neurale. Non bastasse l’hardware, la compagnia ha anche tentato di assoldare Luo Fuli – la “genius girl” dell’AI cinese, uscita da DeepSeek – con l’ambizione non troppo velata di creare un team all-star da far impallidire gli open-source evangelist.

La narrazione è chiara: se il 2024 è stato l’anno delle demo, il 2025 sarà il secondo tempo della corsa al modello perfetto. Xiaomi, in un raro scatto di lucidità retorica, ammette che l’AGI non è dietro l’angolo, ma allo stesso tempo si dichiara pronta a restare in gara a lungo. C’è dell’onestà in questa affermazione, ma anche una strategia sottile: lasciare che gli altri brucino le tappe e i capitali, per poi inserire la propria AI in ogni terminale domestico e veicolo elettrico, come un virus silenzioso ma onnipresente. Non è romanticismo tecnologico, è business plan al centesimo.

Intanto Alibaba risponde con un rilascio in pompa magna: Qwen3 ora arriva fino a 235 miliardi di parametri, con velocità potenziata e supporto multilingua. E mentre i player globali combattono a colpi di watt e parametri, il mercato interno cinese si satura di modelli da laboratorio, costringendo ogni attore a scegliere: o si scala in orizzontale con la massa, o si scala in verticale, col prodotto. Xiaomi ha chiaramente scelto la seconda via.

Nel mezzo, Baidu tira fuori Ernie 4.5 Turbo, ByteDance e Tencent affinano le rispettive creature, e tutto sembra convergere verso un’unica verità: la guerra dell’AI non si vincerà nei datacenter, ma nel salotto di casa. Con un elettrodomestico intelligente che ragiona meglio di tuo cognato.

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