Non capita spesso che una multinazionale come Oracle decida di scrollarsi di dosso l’immagine T-Rex legacy e saltare direttamente nel cuore pulsante dell’innovazione AI con un prodotto che potrebbe davvero cambiare il modo in cui le aziende gestiscono i loro flussi di lavoro. Ma è esattamente quello che è successo il 20 marzo 2025 a Cloud World London. Tra l’applauso composto di partner e il solito entusiasmo misurato dei clienti enterprise, Oracle ha annunciato il rilascio di Oracle AI Agent Studio, previsto per la versione 25C. Altro che buzzword. Qui si gioca una partita molto più seria di quella che abbiamo visto con il cloud computing due decadi fa. E sì, la parola chiave è: AI Agents.
Nel solito vocabolario tecnico fatto di dashboard, SLA e compliance, l’agente AI è il parente ribelle che non si limita a “predire” ma agisce. Pensa. Decide. E, soprattutto, lavora. Non stiamo più parlando di suggerimenti o prompt decorativi ma di esecutori digitali integrati, programmabili e interoperabili che possono rimpiazzare interi sotto-processi aziendali. Autonomamente. E senza lamentarsi mai.
Per capire quanto questo cambi le regole del gioco, bisogna distinguere fra tre archetipi dell’intelligenza artificiale aziendale. Primo: la Classic AI, quella che ha popolato i power point aziendali negli ultimi 15 anni, brava a fare previsioni, clustering e riconoscimenti. Secondo: la Generative AI, oggi onnipresente grazie a LLM come ChatGPT, utile per automatizzare documenti, e-mail e comunicazioni B2B, come già integrata in HCM o nel procurement di Oracle. Ma il terzo livello è quello che sta facendo tremare gli stack tecnologici: l’Agentic AI.
A differenza delle due sorelle maggiori, un AI Agent non si limita a suggerire, ma esegue. È un’entità autonoma configurata per portare a termine compiti, interagire con ambienti, orchestrare altri agenti, leggere documenti, pianificare operazioni e — meraviglia delle meraviglie — dialogare con sistemi esterni. Parliamo di agenti funzionali, conversazionali, utility o supervisori che si muovono all’interno di un processo digitale come una squadra di lavoro invisibile. Non sono assistenti vocali con complessi d’identità. Sono veri e propri lavoratori digitali, personalizzabili e persistenti.
In questo quadro, Oracle AI Agent Studio è il laboratorio dove si creano questi operai digitali. Un modulo embedded nella piattaforma Fusion, concepito per facilitare la progettazione, configurazione e distribuzione di agenti intelligenti dentro le applicazioni enterprise di Oracle. CX, HCM, SCM, Financials: tutte sotto lo stesso tetto. Il cuore del sistema è l’integrazione nativa con il dato Fusion e con i meccanismi di sicurezza, permissioning e governance che ogni IT manager sogna la notte. E la cosa più provocatoria? Oracle promette anche una “human-in-the-loop” governance, cioè la possibilità di tenere l’uomo nel circuito decisionale. Non per nostalgia, ma per controllo strategico.
Il salto concettuale è gigantesco: non si tratta solo di plug-in o estensioni low-code, ma di un ecosistema modulare dove le aziende possono creare i propri agenti. Oracle fornisce oltre 100 agenti già pronti, altri in arrivo. Ma il vero potenziale è nella customizzazione. Ogni azienda può prendere un agente Oracle esistente e adattarlo al proprio contesto, alle proprie regole, ai propri dati. Oppure costruirne uno da zero. In fondo, l’ambizione è chiara: rendere l’automazione enterprise scalabile, su misura, e a prova di settore.
Certo, sarebbe da illusi pensare che Oracle possa prevedere ogni scenario d’uso in ogni verticale. E infatti è proprio qui che entra in gioco l’AI Agent Studio: offre a partner, clienti e sviluppatori la libertà di colmare quei “gaps” tra standard e realtà operativa. Puoi orchestrare agenti multipli per task complessi, integrare tool esterni via API, e creare una sinfonia di automazione che non si limita a rispondere ma agisce con intelligenza contestuale.
Oracle ha già aperto i cancelli del suo Early Adopter Program. I clienti Fusion possono inviare i propri dettagli a un indirizzo mail interno, specificando ambiente di produzione e credenziali. Chi invece fa parte dell’universo Oracle Partner ha accesso a webcast, formazione mirata e — come sempre — contenuti esclusivi che anticipano il roll-out ufficiale. Il prossimo grande evento sarà il training del 28 maggio. Ma la vera rivoluzione avviene, come sempre, nelle call private tra CTO e account manager.
Oracle, spesso vista come baluardo del “vecchio enterprise”, potrebbe oggi battere sul tempo startup e scale-up nella corsa all’adozione pratica dell’intelligenza artificiale e non con slide o visioni futuristiche, ma con strumenti concreti, integrati, distribuiti. Mentre il resto del mondo tech gioca ancora con prompt ottimizzati, Oracle offre una piattaforma per costruire forza lavoro digitale.
Non è solo una questione di automazione. È una ridefinizione della governance IT, della collaborazione uomo-macchina e del significato stesso di processo aziendale. In una realtà dove i workflow cambiano più rapidamente dei team che li eseguono, avere un esercito di agenti configurabili rappresenta una leva strategica, non un semplice vantaggio tecnologico.
AI Agent Studio non è solo un prodotto. È un nuovo modo di pensare la digitalizzazione enterprise. Ed è anche un bel calcio negli stinchi a chi crede ancora che l’AI debba restare confinata alle demo da keynote. La posta in gioco è altissima. E Oracle, sorprendentemente, sembra pronta a giocarsela fino in fondo.