Se non sei già in modalità “allarme rosso“, forse è il caso di iniziare a preoccuparsi. Mark Zuckerberg ha appena fatto qualcosa che, nel mondo degli affari e delle tecnologie, rasenta l’annuncio di guerra nucleare: ha messo nel mirino l’intera filiera dell’advertising. Non solo l’ha fatto, ma l’ha detto chiaramente e pubblicamente. Durante una conversazione con Ben Thompson di Stratechery, ha enunciato con glaciale semplicità un piano che non lascia spazio a dubbi: Meta vuole sostituire tutto il comparto creativo dell’advertising con l’intelligenza artificiale. Non ottimizzarlo. Non potenziarlo. Sostituirlo.

Dimenticatevi agenzie, copywriter, art director, esperti media, planner strategici, videomaker, fotografi, influencer manager, brand consultant. In questo nuovo mondo, un’azienda si collega a Meta, inserisce l’IBAN, dichiara cosa vuole ottenere (vendere un prodotto, acquisire utenti, promuovere un evento) e l’ecosistema Meta fa tutto da solo. Tutto. La creatività, la produzione, la distribuzione, il targeting, la misurazione. Zero umani, solo algoritmi. Come un oracolo pubblicitario asservito al PIL di Menlo Park.

Per Zuckerberg, questo è il Santo Graal dell’advertising. Una macchina che sforna creatività illimitata, che apprende in tempo reale cosa funziona e cosa no, e itera ad una velocità che nessun team umano può replicare. Se il contenuto è davvero “king”, allora Zuck sta costruendo una monarchia totalitaria dove il sovrano è un modello linguistico multimodale addestrato su ogni frame, ogni parola e ogni clic mai passato su Facebook, Instagram e WhatsApp.

E per la vecchia guardia del marketing, questo è uno scenario da incubo. Le grandi agenzie pubblicitarie, con i loro pitch da milioni, i Cannes Lions, le campagne da Super Bowl e le metriche da spreadsheet decorati, rischiano di diventare dinosauri sotto l’impatto del meteorite AI. Tutto quel sistema di audit, misurazioni, terze parti e agenzie media serve a una cosa sola: non fidarsi ciecamente dei dati forniti dalle piattaforme. Ma se Meta ti toglie anche il diritto di decidere cosa comunicare, come comunicarlo, a chi e con quale tono… allora non sei più un cliente. Sei un flusso bancario automatizzato.

Zuckerberg parla della “redefinizione della categoria pubblicitaria” con l’entusiasmo di uno che ha appena trovato il modo di tagliare il 100% dei costi di produzione dei suoi clienti, mentre li trasforma in attori passivi del suo feudo digitale. E se pensi che Google, Amazon o TikTok stiano a guardare, ti sbagli di grosso: anche loro stanno inseguendo questo scenario. Ma Zuck, come spesso accade, è il primo ad ammetterlo pubblicamente. L’ha detto ad alta voce, come chi sa di avere in mano l’infrastruttura, i dati, gli utenti e l’intelligenza artificiale per farlo. E soprattutto, i capitali e il potere per imporlo.

Da un lato c’è la promessa allettante per le piccole imprese: non devi più sapere nulla di marketing, ti basta pagare e i clienti arriveranno. Dall’altro, però, c’è la distopia: se non controlli più il messaggio, se non puoi più capire le dinamiche dell’engagement, se non puoi più distinguerti nel mare dell’“infinite creative”, allora la tua identità di brand evapora. E sei solo l’ennesimo input in una fabbrica pubblicitaria automatizzata.

Per chi ha vissuto l’epoca del Mad Men, del positioning di Ries e Trout, della disruption di Jean-Marie Dru, tutto questo suona come una blasfemia industriale. Ma Zuckerberg non è uno che si fa problemi a distruggere interi ecosistemi per costruire qualcosa di più efficiente, centralizzato e – guarda caso dominato dalla sua piattaforma.

Quello che sta accadendo non è un’evoluzione. È uno scarto di paradigma. È il passaggio dalla pubblicità come narrazione alla pubblicità come output algoritmico. E non c’è spazio per la poesia in un feed che cambia ogni 100 millisecondi.

Il futuro dell’advertising potrebbe essere brillante, ma solo per chi controlla l’intelligenza. E in questo futuro, chiunque lavori nella filiera creativa deve porsi una domanda semplice: che ruolo ho, quando l’intero processo viene gestito da una macchina che non dorme mai e non chiede revisioni?