Nel grande gioco dell’intelligenza artificiale, chi controlla i dati vince. Ma nel 2025 non basta più avere i dati: bisogna saperli servire in millisecondi, su richiesta, in ambienti distribuiti, liquidi e spesso evanescenti. È in questo scenario che Databricks già noto per aver trasformato Spark da tool di calcolo a religione ingegneristica sta cercando di chiudere un colpo da un miliardo di dollari: l’acquisizione di Neon, la startup che sta reinventando PostgreSQL per l’era degli agenti AI.
Neon è una bestia strana. Nata sull’ossatura robusta di PostgreSQL, si è rifiutata di fare la classica mossa “as-a-service” da cloni MongoDB-like. Ha invece pensato il database come un flusso di calcolo a consumo: paghi al secondo, come se fosse energia elettrica, non storage. Questo approccio si sposa perfettamente con la nuova generazione di agenti AI: entità semi-autonome che nascono, vivono e muoiono in pochi secondi, lasciandosi dietro un campo minato di microdecisioni da loggare, archiviare, confrontare. Un sistema tradizionale non regge questo ciclo di vita effimero. Neon sì.
Databricks non è nuova a mosse strategiche che sanno di scacchiere globale. Dopo aver iniettato Claude (via Anthropic) direttamente nel suo stack — in una mossa che ha fatto capire a OpenAI che non detiene più l’esclusiva del mindshare — ora punta a chiudere il cerchio infrastrutturale. La logica è fin troppo chiara per chi mastica questi giochi: modello AI + orchestrazione dati + database a consumo = piattaforma completa per agenti AI autonomi. Gli altri player (vedi Snowflake, Google con Vertex AI o persino AWS con Bedrock) restano fermi sul paradigma “tu sviluppi, noi serviamo”. Databricks vuole diventare il metasistema operativo per l’AI enterprise.
C’è anche un’altra motivazione non detta, ma abbastanza evidente per chi legge tra le righe finanziarie: Databricks ha una IPO nel mirino. L’acquisizione di MosaicML era la parte modello. L’acquisizione di Neon è la parte infra. Avere entrambi a bordo significa potersi raccontare come una “full stack AI platform”, non solo come una glorified data pipeline.
E non dimentichiamo un dettaglio fondamentale: Neon è pensato nativamente per l’AI workload volatile. Niente provisioning, niente istanze fisse. Gli agenti AI moderni, come quelli che pianificano viaggi, generano contratti o gestiscono resi di prodotti, richiedono ambienti computazionali che sorgono e si dissolvono on-demand. Chi non ha un backend che regge questa dinamica, resta fuori dal gioco.
In questa corsa tra titani, dove ogni millisecondo di latenza è una perdita di fatturato futuro, la mossa di Databricks è chirurgica. Un database cloud-native, open-source friendly, elastico come il pensiero di un agente AI e con un modello economico a consumo, è semplicemente troppo prezioso per lasciarlo al libero mercato — o peggio ancora, a un competitor.
Che piaccia o no, stiamo entrando nell’epoca dove i database non sono più “posti” dove mettere i dati, ma flussi computazionali che appaiono quando serve e spariscono quando hanno finito di servire l’agente AI di turno.
Hai già aggiornato il tuo stack, o stai ancora facendo scaling di MySQL con le stampelle?