Se ti illudi che in una guerra per l’intelligenza artificiale ci sia gloria per il secondo classificato, Lisa Su ha appena ricordato agli investitori quanto costa stare al tavolo da gioco con una mano meno fortunata e con l’arbitro (Washington) che cambia le regole in corsa. Advanced Micro Devices, meglio nota come AMD, ha lanciato un avvertimento che ha avuto l’effetto di una doccia fredda: le restrizioni statunitensi sull’export verso la Cina le costeranno 1,5 miliardi di dollari in ricavi nel 2024. E no, non è un errore di battitura stavolta….

La stangata arriva dritta dal bando imposto lo scorso aprile sull’export della serie MI308, l’ultimo tentativo del chipmaker di scalare l’everest dell’hardware AI. Il colpo più duro si abbatterà proprio sul settore data center, dove AMD sperava di mettere un piede stabile nel dominio incontrastato di Nvidia: una perdita secca di 700 milioni di dollari in questo trimestre. Ma se il revenue cala, l’ambizione non lo fa.

Lisa Su ha cercato di calmare le acque durante l’earnings call, mantenendo una narrativa ottimista sulla domanda globale di infrastrutture per l’AI. I nuovi chip in arrivo — ancora senza nome ma pieni di promesse — dovrebbero rilanciare la crescita nella seconda metà dell’anno. In teoria. Perché nella pratica, ci sono tre nemici invisibili che AMD deve affrontare: la forza di mercato di Nvidia, la burocrazia americana e la trappola cinese.

Nvidia, nel frattempo, si gode un vantaggio strutturale, un ecosistema di software e librerie ottimizzato, e una cultura da monopolista illuminato. AMD, invece, gioca di rincorsa, appoggiandosi su margini più stretti, architetture meno diffuse e ora anche su un mercato tagliato in due dalle decisioni di politica estera degli Stati Uniti. Quello cinese, che rappresentava una delle poche vie rapide per compensare il gap con Nvidia, ora è un miraggio.

Il tema della sicurezza nazionale, almeno sulla carta, giustifica queste scelte. Ma dietro lo storytelling ufficiale si cela una verità meno retorica: Washington non vuole che le GPU di AMD finiscano nei data center cinesi dove potrebbero alimentare modelli di linguaggio rivali o, peggio, simulazioni militari. Così, dopo aver colpito Nvidia con il bando degli A100 e H100 verso Pechino, ora tocca anche ai prodotti AMD.

Ma questa è solo la superficie del problema. Il vero nodo è strategico. Se AMD non riesce a guadagnare quote di mercato significative nei prossimi 12 mesi, il rischio è che venga relegata a fornitore secondario nei segmenti a maggiore valore, perdendo la guerra dell’infrastruttura AI ancor prima di aver potuto veramente combatterla. Gli analisti iniziano già a temere che l’intera roadmap dell’azienda possa diventare irrilevante se il divario di prestazioni e penetrazione di mercato con Nvidia continuerà a crescere.

Eppure, la narrazione non è del tutto tragica. AMD continua a crescere nei settori consumer e embedded, e l’interesse per le sue CPU rimane forte. Ma nel regno delle GPU AI, dove oggi si giocano i miliardi futuri del cloud, delle auto autonome, dei modelli generativi e dell’automazione industriale, essere secondi significa essere irrilevanti.

Quindi la domanda è: può AMD colmare il gap senza la Cina e sotto il peso di una regolamentazione asimmetrica? Oppure ci stiamo avviando verso un duopolio solo apparente, in cui uno detta le regole e l’altro le subisce?