La guerra al lavoro noioso e agli annunci sbagliati è ufficialmente aperta. LinkedIn ha appena tirato fuori dal cilindro una nuova funzione di ricerca basata sull’intelligenza artificiale generativa, che sembra voler rottamare i vecchi filtri da database anni ’90: niente più selezioni multiple su ruolo, città, settore, ma frasi naturali come “voglio un lavoro da brand manager nel fashion, ma entry level” oppure “analista appassionato di sostenibilità cercasi nuove sfide”.
In sostanza, l’interfaccia AI aggiornata consente agli utenti di “parlare” con il motore di ricerca come se stessero confidando i propri sogni lavorativi a un consulente di carriera intelligente, paziente, e instancabile (cosa che nessun head hunter in carne e ossa sarà mai davvero). Il risultato? L’algoritmo analizza non solo le parole chiave, ma anche le intenzioni, i contesti e almeno sulla carta la compatibilità con competenze e passioni dichiarate.
Zara Easton, che ha il titolo di “career expert” di LinkedIn e probabilmente ha il compito ingrato di vendere sogni a chi sta cercando di cambiare vita senza perdere il mutuo, dichiara trionfalmente: “L’AI sta cambiando il modo in cui lavoriamo, e la ricerca di lavoro su LinkedIn cambierà completamente il modo in cui troviamo la nostra prossima opportunità.” Un’affermazione che suona più come un warning che un’opportunità: il lavoro non lo cerchi più, lo descrivi e la macchina lo trova per te. E se non esiste, magari se lo inventa.
Dietro questo nuovo strumento c’è la logica ormai consolidata del prompting in linguaggio naturale: invece di combattere con menu a tendina e tag precompilati, basta digitare una descrizione vaga quanto basta per dire tutto e niente, e aspettarsi che la macchina sappia leggere tra le righe. Una rivoluzione, sì, ma anche una resa: l’utente medio non vuole diventare un esperto di filtri booleani, vuole solo trovare qualcosa che gli piaccia. E per LinkedIn, questo è oro puro in termini di engagement e tempo di permanenza.
Attenzione però: per ora la feature è riservata agli abbonati Premium e solo in inglese globale, ma la promessa è che entro fine settimana sarà disponibile a tutti quelli che hanno la lingua impostata su “Global English”. In altre parole, o paghi o cambi lingua. Classico.
La vera partita, tuttavia, si gioca su un altro campo: cosa succederà quando milioni di utenti inizieranno a scrivere sogni invece di titoli di lavoro? Gli annunci saranno scritti per assomigliare a descrizioni emotive? I recruiter inizieranno a ottimizzare i loro annunci per piacere all’AI e non più all’umano? Lavoreremo tutti per compiacere un motore predittivo che deve farci sentire al posto giusto, nel momento giusto?
Per ora LinkedIn ha fatto la sua mossa, e l’ha fatta bene. Il sistema promette un salto quantico nella personalizzazione, ma anche una mossa strategica per fidelizzare utenti Premium e vendere ancora una volta l’illusione che il lavoro perfetto sia a una frase ben scritta di distanza.