Netflix si rifà il trucco, ma stavolta con bisturi di silicio e un’anima di machine learning. Niente facelift estetico fine a sé stesso: questa volta il colosso dello streaming ha svelato una rivoluzione strutturale del suo prodotto, puntando tutto su intelligenza artificiale generativa e feed verticali in pieno stile TikTok. L’obiettivo? Farci scoprire contenuti più in fretta, o almeno darci l’illusione di avere il controllo mentre ci perdiamo nei soliti 20 minuti di scroll compulsivo prima di arrenderci a rivedere Breaking Bad per la settima volta.

Durante una presentazione online, Netflix ha annunciato una trasformazione tanto attesa quanto ambiziosa. Si parte con una nuova home ridisegnata, ma soprattutto con una ricerca vocale e conversazionale alimentata da OpenAI, l’azienda madre di ChatGPT. Sì, quella ChatGPT. Quella che ha trasformato ogni stagista in copywriter e ogni manager in filosofo da LinkedIn.

Non è un capriccio. La CTO di Netflix, Elizabeth Stone, ha spiegato come l’azienda utilizzi da tempo modelli di intelligenza artificiale per personalizzare sinossi, trailer e immagini promozionali. Ora si passa alla fase due: la piattaforma comprenderà richieste formulate in linguaggio naturale, promettendo di suggerire quella serie perfetta per una serata di binge-watching depressivo post-lunedì.

La mossa arriva dopo anni di lavoro dietro le quinte, ammette la Chief Product Officer Eunice Kim. Ma ora, con l’arsenale tecnologico giusto (e qualche colpo in canna per tenere testa a Prime Video e Disney+), Netflix ha deciso di rendere visibile il cambiamento. L’azienda non ha comunicato una data precisa per il lancio globale, ma ha parlato di rollout graduale. In puro stile Silicon Valley: test su un piccolo gruppo, osservazione dei dati, e poi deploy se nessuno si lamenta troppo.

Uno dei cambiamenti più vistosi è l’introduzione di un feed verticale per mobile che mostra clip brevi da serie e film, scorribili con il pollice esattamente come su TikTok. Più che un’innovazione, una resa: se non riesci a combattere il nemico, fagli l’occhiolino e copialo sfacciatamente. Gli utenti potranno guardare le clip, salvarle, condividerle o avviare la visione completa con un tocco. Dietro questa scelta c’è l’idea di intercettare la “serendipity” dell’infinite scroll, ma senza perdere il controllo della user journey.

Il vero salto di qualità, però, è nella ricerca conversazionale. La funzione—inizialmente in beta su iOS—permetterà agli utenti di chiedere cose come “fammi vedere un thriller leggero ma intelligente, ambientato in una piccola città” o “cosa c’è di nuovo con protagonisti femminili forti ma non stereotipati?” Senza dover digitare, navigare tra generi o fidarsi dell’algoritmo opaco. La promessa: parlare con Netflix come con un amico che ha buon gusto. La realtà? Staremo a vedere se sarà più Simona Ventura o più HAL 9000.

Dietro tutto questo c’è ovviamente una grande questione di data governance. Netflix non ha chiarito se e come condividerà i dati degli utenti con OpenAI. Una scelta di comunicazione strategica, o un dettaglio ancora in sospeso? L’azienda ha glissato, rimandando a un “no comment” che suona più come “ci stiamo ancora pensando, e nel frattempo incrociamo le dita”.

Nel frattempo, mentre investe nella scoperta e nella personalizzazione, Netflix fa pulizia tra i contenuti interattivi. Le ultime due esperienze rimaste, Black Mirror: Bandersnatch e Kimmy vs. the Reverend, stanno per sparire. Ironico che in un momento in cui si parla tanto di interazione, proprio quei titoli sperimentali vengano sacrificati sull’altare dell’AI. Forse l’interattività vera—quella a scelta multipla—è troppo “vecchia scuola” per la nuova Netflix a base di prompt e deep learning.

Nel grande gioco del potere dell’intrattenimento digitale, Netflix sembra voler essere regista, sceneggiatore e algoritmo. Ma sarà interessante vedere se questa mutazione post-umana della user experience porterà più retention o più frustrazione. Nel frattempo Amazon spinge sull’acceleratore con Alexa+, e tutti gli altri inseguono.

Nel mondo dello streaming, l’AI è la nuova guerra fredda. Ma invece delle bombe, si lanciano raccomandazioni.