Un volto sereno, un’emozione trattenuta con grazia, la voce calda di un pastore esperto e accogliente. Ma dietro la compostezza del primo saluto, già si delinea con chiarezza la direzione del nuovo pontificato: la pace come priorità assoluta. Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, si è presentato così al mondo dalla Loggia di San Pietro. Primo Papa nordamericano nella storia della Chiesa, ma anche figura profondamente latina per via della sua lunga esperienza missionaria in Perù, Prevost ha scelto un nome che è tutto un programma: quello di Leone, il tredicesimo dei quali fu il padre della Rerum Novarum e dell’avvio della dottrina sociale della Chiesa.

Un segno eloquente, che richiama un’idea di Chiesa impegnata, dialogante, capace di parlare ai bisogni del mondo contemporaneo senza perdere il legame con la tradizione. E proprio in questo equilibrio tra radicamento e apertura, tra sobrietà e slancio, sembra inscriversi fin da ora l’impronta di Leone XIV.

L’età – non ancora settantenne – e il percorso lo rendono una figura di continuità e al tempo stesso di transizione. Dopo aver servito come vescovo missionario a Chiclayo, in Perù, ha ricoperto incarichi centrali come prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, dimostrando uno stile di governo vicino a quello di Papa Francesco: ascolto, collegialità, senso della comunità ecclesiale.

Non era tra i grandi favoriti alla vigilia, ma ha saputo rappresentare un punto d’equilibrio tra diverse sensibilità all’interno del Collegio cardinalizio, ottenendo un consenso rapido e convinto al quarto scrutinio. È considerato progressista su temi sociali – dai migranti al clima – ma più tradizionale su alcune questioni morali. Questo profilo “ponte” tra istanze diverse spiega molto del suo successo in conclave.

E a proposito di ponti, è proprio questa la parola chiave del suo primo messaggio da Papa. Di fronte a un mondo lacerato da guerre e polarizzazioni, Leone XIV ha parlato di “pace disarmata”, di una pace “umile e perseverante”, richiamando l’ultimo gesto pubblico di Francesco – la benedizione Urbi et Orbi di Pasqua – come filo ideale che unisce i due pontificati. “Costruire ponti” è stato l’invito più forte, insieme al richiamo a una Chiesa sinodale, unita, missionaria, in cammino.

Il suo stile, meno travolgente ma non meno incisivo rispetto al predecessore, si annuncia più riflessivo e misurato. Ma la traiettoria è chiara: sarà un pontificato in continuità con Francesco, nella linea del Vangelo vissuto nelle periferie, della prossimità ai poveri, dell’ascolto reciproco. Una Chiesa che non alza muri, ma apre passaggi.

Nel ringraziare Papa Francesco, Leone XIV ha fatto capire che il suo “programma” non è quello di una rottura, ma di un proseguimento. Sarà forse un altro modo di camminare, ma sulla stessa strada.