Una recensione del libro di Bernardo Kastrup
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C’è qualcosa di irresistibile nei pensatori che dichiarano guerra al buon senso armati di metafore zen e rigetto per la fisica. Bernardo Kastrup è il profeta moderno dell’idealismo: una corrente filosofica tanto elegante quanto scollegata da tutto ciò che chiamiamo empiria. Il suo libro è un manifesto spiritual-pseudoscientifico dove la realtà viene destrutturata con lo zelo di un hacker post-metafisico, pronto a spiegarti che non esisti come corpo, ma solo come pensiero. E neanche tuo: sei un pensiero della “mente universale”. Un Dio? No, molto peggio: un Google mentale cosmico con un po’ di flair buddista.

Non è che Kastrup non sappia scrivere. Anzi, scrive dannatamente bene. E questo è il problema. Ogni pagina è infarcita di affermazioni che, se lette abbastanza velocemente, suonano come profonde. Poi ci pensi un attimo e capisci che è come cercare di misurare la temperatura con una poesia. La prosa scorre, certo. Ma è la classica situazione da “l’ho detto così bene che dev’essere vero”.

Neuroscienze al gusto placebo

Il colpo di genio di Kastrup è la reinterpretazione delle neuroscienze in chiave spirituale. La coscienza non è un prodotto del cervello, ma qualcosa che lo attraversa. Il cervello come filtro, non generatore. Bella immagine, vero? Come dire che il Wi-Fi non viene dal router, ma lo attraversa. Peccato che, se stacchi il router, il Wi-Fi sparisce. Un dettaglio insignificante, pare, per chi è troppo impegnato a contemplare la mente universale tra un’overdose di metafore acquatiche e un’allusione mistica.

E poi ci sono le esperienze di pre-morte, le allucinazioni, gli stati alterati di coscienza. Kastrup li elenca come prove che la coscienza esiste al di fuori della materia. Ma non è un po’ comodo prendere il fenomeno più ambiguo, meno misurabile, più soggettivo dell’universo e usarlo come fondamento di una teoria? Sarebbe come basare la medicina sulla lettura dei sogni. Oh, aspetta: Freud ci ha provato. Non è finita bene.

Il culto dell’idealismo spiritual-tech

Ciò che rende Kastrup affascinante per un certo tipo di pubblico – new age col PhD, spiritualità per programmatori disillusi – è l’illusione che si possa essere profondi e moderni. Mescolando la fisica quantistica (quella male interpretata), qualche citazione di Schopenhauer (presa a metà) e un vago senso di “c’è di più là fuori”, costruisce una narrativa dove la realtà materiale diventa la vera illusione. Il sogno di ogni post-hippie con laptop e meditazione guidata in background.

È l’idealismo 2.0: non più il prodotto di una riflessione ontologica rigorosa, ma un patchwork di spiritualismo selettivo, epistemologia pop e ostilità viscerale verso il riduzionismo. Ma se davvero tutto è mente, se davvero la materia è un miraggio, perché continuiamo ad avere bisogno di farmaci, di sonno, di cibo, di vaccini? Non basta volerci credere per smettere di morire. L’universo, finora, non sembra essersene accorto.

La realtà condivisa come bug della matrice

Uno dei punti più deboli e più divertenti del libro è l’argomentazione secondo cui la realtà condivisa non è una prova della sua oggettività, ma una funzione della mente universale. Questo, ammettiamolo, è geniale. Se io e te vediamo lo stesso tavolo, non è perché il tavolo esiste, ma perché la mente universale ci fa avere la stessa allucinazione. Tipo aggiornamento in cloud. Solo che a quel punto, tutto diventa giustificabile con “la mente universale lo ha deciso”. È un Deus ex machina di livello cosmico: inattaccabile, perché non ha parametri, confini, esperimenti falsificabili. È la scienza, ma senza la parte noiosa dei dati.

Ecco il vero fascino dell’idealismo secondo Kastrup: è infalsificabile, quindi inattaccabile. Come dire che Dio esiste, ma solo quando nessuno guarda. È la religione per l’uomo tecnologico che si vergogna di andare in chiesa ma vuole comunque qualcosa di superiore da adorare.

Il libro, in definitiva, è un’ottima operazione di marketing concettuale. Prendi un’idea vecchia come Platone (tutto è mente), impacchettala con un linguaggio moderno, una spruzzata di neuroscienze e un titolo provocatorio, e vendila come verità rivoluzionaria. E funziona, perché in un’epoca dove tutti vogliono “sentirsi speciali”, cosa c’è di meglio di credere che tu sei il creatore della realtà?

Kastrup ci racconta un mondo dove la scienza ha torto, la filosofia è poesia e la verità è una questione di immaginazione. Un mondo comodo, bellissimo e assolutamente privo di responsabilità ontologica. Come dire: se tutto è sogno, allora anche sbagliarsi è solo una forma alternativa di verità.

Hai letto il libro? me lo ha consigliato mia sorella piu’ piccola, che tipa tosta. Ora prenditi una Lagunita e torna alla realtà. Quella vera. Quella che, anche se ignori, continua a funzionare senza chiederti il permesso.