Mentre le big pharma americane si dibattono tra brevetti scaduti, prezzi insostenibili e scandali di efficacia, dalla collaborazione tra Cina e Stati Uniti emerge un farmaco orale che rischia di fare piazza pulita delle obsolete terapie oncologiche: si chiama zongertinib ed è stato appena incoronato protagonista indiscusso del trattamento del cancro al polmone NSCLC con mutazione HER2, una delle forme più ostiche da affrontare. Il tutto con un elegante studio clinico internazionale pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato in pompa magna al congresso dell’American Association for Cancer Research a Chicago.
Questa volta, però, a fare notizia non è solo il farmaco, ma il modello. E il fatto che sia la Cina a trainare l’innovazione con costi ridicoli rispetto al mercato occidentale non è una coincidenza: è uno spostamento tettonico dell’asse della ricerca farmaceutica globale.
La mutazione HER2 nel NSCLC rappresenta una sottospecie oncologica che finora aveva avuto una sola via terapeutica approvata dalla FDA americana: l’infusione di anticorpi coniugati a farmaci (ADC), un trattamento costoso, somministrato per via endovenosa e con una sfilza di effetti collaterali che sembrano il bugiardino di una guerra chimica. Si parla di nausea, diarrea severa, eruzioni cutanee, stanchezza cronica: roba da rimpiangere la malattia stessa. Zongertinib, invece, è una pillola. Sì, una pillola. E a differenza delle promesse miracolistiche spesso viste in oncologia, qui ci sono i numeri a parlare.
Il trial multicentrico ha coinvolto 82 centri in tutto il mondo, con una forte rappresentanza asiatica (più del 50% dei pazienti), e i risultati sono difficili da ignorare. Il 71% dei pazienti trattati con zongertinib ha visto i tumori ridursi fino a rientrare nei target di risposta, contro il 49% della terapia ADC. Ma la vera bomba è il tempo di progressione libera da malattia: 12,4 mesi contro i 9,9 della terapia standard. E per chi conosce il gergo clinico, 2 mesi e mezzo in oncologia sono un’eternità. Non bastasse, la tossicità è ridotta al minimo: solo l’1% dei pazienti con zongertinib ha sofferto di diarrea severa, contro una media del 17-26% per gli ADC.
Insomma, un farmaco più efficace, più tollerabile e, udite udite, orale. Niente flebo, niente ospedali, niente infermieri. Il sogno del paziente e l’incubo di chi lucra sulla cronicizzazione delle terapie.
Ora, chiariamo: il trial pubblicato è di fase 1, quindi il mantra accademico invita alla cautela. Ma il fatto che il trial di fase 3 sia già in corso in 169 ospedali nel mondo tra cui 25 solo in Cina suggerisce che la cautela sia più una formalità scientifica che un reale ostacolo. E in tutto ciò, l’America osserva, partecipa, ma non guida.
E qui si apre un altro fronte, forse il più strategico di tutti. Perché la Cina non si limita a fornire pazienti o a produrre a basso costo. La Cina progetta, sperimenta, pubblica. Come ha sottolineato Li Jin, oncologo di punta a Shanghai, il costo per soggetto in uno studio clinico cinese si aggira sui 41.000 dollari, contro i 500.000 delle controparti occidentali. Una differenza di oltre dieci volte, che non si traduce in minore qualità. Ecco spiegato perché oggi sempre più multinazionali del farmaco spostano la ricerca clinica a oriente: la Cina non è più solo la fabbrica del mondo, è il suo laboratorio.
Nel frattempo, mentre le autorità regolatorie si prendono i loro tempi (in certi casi giustamente), i dati clinici di zongertinib si affermano con forza nel panorama oncologico internazionale. Se confermati nei prossimi studi, potrebbe non solo sostituire gli ADC nel trattamento dell’NSCLC HER2-mutato, ma ridefinire il paradigma delle terapie target nel tumore al polmone, da flebo a compressa, da trattamento invasivo a gestione cronica domiciliare.
Il mercato globale dei farmaci oncologici vale oggi oltre 200 miliardi di dollari. Un farmaco come zongertinib, con questo profilo di efficacia e tollerabilità, rappresenta una minaccia diretta ai portafogli di Roche, AstraZeneca e compagnia biotech cantante. E il fatto che arrivi da una collaborazione Sino-US anziché da Harvard o Boston accentua l’ironia storica.
Nel 2024 il cancro al polmone ha fatto registrare circa 2,5 milioni di nuovi casi nel mondo, con 1,8 milioni di morti. Cifre da pandemia silenziosa. Ma forse, stavolta, c’è un alleato più silenzioso ancora, che arriva in una scatoletta di pillole dalla Cina e che potrebbe riscrivere il destino di milioni di persone. Si chiama zongertinib. E no, non è un nome da dimenticare.