C’è una nuova forma di pirateria digitale, e stavolta non c’entra nulla con torrent o streaming illegale. Si fa tutto in alta quota, dentro una cabina pressurizzata a 10.000 metri, armati solo di uno smartphone Android e un’idea tanto geniale quanto beffarda: accedere a Gemini AI gratis, senza Wi-Fi, sfruttando il protocollo RCS (Rich Communication Services) di Google Messages. Un colpo da maestro, condito da una punta di anarchia digitale.
L’eroina di questo piccolo sabotaggio tech si chiama Rita El Khoury, giornalista di Android Authority, che ha scoperto per caso il trucchetto durante un volo Air France tra Parigi e Budapest. Avete presente quei pacchetti “gratuiti” che le compagnie aeree ti concedono per chattare su WhatsApp o iMessage, giusto per farti illudere che sei ancora connesso al mondo? Bene, lei ha scoperto che basta un piccolo varco: il protocollo RCS passa, e con lui anche Gemini AI, che vive e respira proprio lì, dentro l’app Google Messaggi.
L’esperimento ha del surreale: attivi la modalità “messaggi gratuiti” sul volo, apri Google Messaggi, premi sull’icona di Gemini et voilà—cominci a chattare con l’intelligenza artificiale di Google senza aver pagato un centesimo di Wi-Fi. Ti risponde come se nulla fosse, aggiornata, brillante, pronta a sfornarti le ultime notizie su Android, Google, o persino a generarti immagini, se hai la pazienza di aspettare quei secondi extra del traffico dati compresso da 30.000 piedi.
E qui arriva la parte che manda in corto circuito i modelli di business delle compagnie aeree: Gemini funziona perché il messaggio scambia testo via RCS. Non hai bisogno di una vera e propria connessione browser-based, né del caro vecchio internet TCP/IP come mamma lo ha fatto. Basta quel canale minimo concesso per tenere a bada gli utenti e lasciarli “messaggiare”, e in quel canale ci passa un’intera IA. Una backdoor legalissima, per ora.
La storia è un inno alla creatività tecnica, al pensiero laterale applicato alla connettività. Perché oggi l’accesso a un assistente AI diventa il vero metadato di potere: sapere, rispondere, scrivere, creare, sintetizzare. Chi ce l’ha vince, chi resta isolato perde. E se puoi portarti il tuo co-pilota neurale anche su un volo low-cost, senza pagare i 12 euro di Wi-Fi che funzionano peggio del 2G in Val di Susa, allora hai già vinto.
RCS, per chi ha dormito negli ultimi 15 anni, è l’evoluzione logica (e in parte mai decollata) di SMS e MMS. È nato nel 2008, e da allora è rimasto in un limbo da “prodotto promesso”. Ma nel silenzio, Google lo ha infilato in Android come protocollo predefinito per la messaggistica evoluta. Tiping indicator, media sharing, e ovviamente – oggi lo sappiamo – connessione subdola a Gemini AI. In altre parole: non lo usava nessuno, ma ora potrebbe diventare l’asso nella manica per hackerare la connettività a bordo.
Certo, ci sono dei limiti. Non puoi aprire link. La formattazione salta. Devi cancellare le chat se vuoi che il layout si aggiorni. Ma è un prezzo ridicolo da pagare per avere accesso a un’entità digitale che può generare contenuti, suggerirti idee, tenerti aggiornato con le notizie del giorno, e farti compagnia come un nerd logorroico in modalità zen. Un oracolo digitale tascabile, alimentato da una breccia nel sistema.
E qui la questione diventa politica, o quantomeno strategica: quanto durerà questa finestra? Perché se funziona su Android, ma non su iOS, e se Google si sveglia un giorno decidendo di “patchare” il tutto, o se le compagnie aeree chiudono i rubinetti dei pacchetti RCS, il sogno finisce. Ma intanto, funziona. Ed è questa l’essenza dell’hack: sfruttare ciò che c’è prima che lo chiudano.
Pensateci: mentre il mondo discute di AI, etica, regolamentazione e copyright, una giornalista ha scoperto un trucco da scuola media per avere accesso gratuito a un’intelligenza artificiale in volo. Altro che OpenAI Dev Day, qui siamo al McGyver della connettività.
In un’epoca dove i giganti tech stanno cercando di monetizzare ogni byte, ogni microsecondo della tua attenzione e ogni click, questo escamotage suona come un piccolo vaffanculo alle logiche del profitto predatorio. È l’equivalente digitale del “fregare il parchimetro con una graffetta”.
Ora, immaginate gli scenari futuri. Android che ufficializza una modalità “Gemini Offline”, pre-caching dei modelli per uso in aereo. O peggio: compagnie aeree che inseriscono filtri DPI per bloccare il traffico AI, convinte che farti pagare 8 euro per controllare la mail sia ancora un modello sostenibile. E noi, lì, a cercare nuovi buchi da cui far passare un bit di intelligenza.
La verità? Finché c’è uno spiraglio, il segnale passerà. Perché la tecnologia ha sempre trovato il modo di fluire dove il business tenta di bloccarla. Come l’acqua nei tubi vecchi: prima o poi, sgocciola.
E Gemini, su quell’aereo Parigi-Budapest, ha fatto esattamente questo. Ha sgocciolato pixel di sapere gratuito in una cabina che pensava di poter vendere anche l’aria.