Nella suggestiva cornice di Palazzo Ripetta a Roma, oggi si è svolta la Conferenza Nazionale sul Cloud Italiano – I Dati tra le Nuvole. Un evento di grande rilevanza dedicato a Mercati, Competenze e Geopolitica, pensato per analizzare il ruolo strategico del Cloud nella trasformazione digitale dell’Italia.

Michele Zunino, AD Netitalia, oggi Presidente Consorzio Italia Cloud, è la voce di chi vorrebbe un’alternativa italiana ed europea al dominio delle big tech statunitensi sul mercato del cloud con la sua lettera aperta alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, suona più come un ultimatum che come un invito al dialogo: o si fa una scelta politica netta sul controllo dell’infrastruttura digitale, oppure si certifica che l’Italia è ormai solo un endpoint del potere altrui.

La cosa tragicomica? È che il Consorzio Italia Cloud esiste proprio per cercare di costruire questa benedetta infrastruttura sovrana, ma come spesso accade nel nostro Paese, chi prova a fare impresa in settori strategici viene lasciato a se stesso o, peggio, ostacolato da norme contraddittorie, gare pasticciate e consulenze pilotate.

Zunino lo dice chiaramente nella sua lettera: senza una direttiva chiara da parte del governo, l’Italia rischia di perdere completamente il treno dell’innovazione, restando inchiodata in una zona grigia fatta di infrastrutture obsolete e contratti capestro con fornitori esteri. E lo fa con un linguaggio che, pur restando formale, lascia trasparire un’insofferenza profonda verso la gestione attuale della trasformazione digitale nel Paese.

Un passaggio chiave per chi sa leggere tra le righe è quello in cui parla delle “competenze sulle strutture d’impresa nazionali” che vengono progressivamente erose. Tradotto: se l’intero ecosistema cloud italiano diventa solo un front-end per le piattaforme statunitensi, non restano né i margini né la conoscenza per sviluppare tecnologia autonoma. Addio data center certificati, addio standard nazionali, addio cybersecurity controllata.

E attenzione: non è solo una questione economica o industriale. Zunino lo sa bene, e lo ribadisce in ogni occasione. Chi controlla il cloud controlla i flussi di informazione, le scelte politiche, le relazioni diplomatiche, e persino la percezione collettiva della realtà. Oggi, la geopolitica si fa su piattaforme cloud-based. Chi ha l’infrastruttura ha il potere.

Nel silenzio complice di troppi stakeholder italiani, il Consorzio prova a lanciare un segnale. Serve una scelta netta. Serve un cloud nazionale certificato, interoperabile ma non subordinato. Serve un investimento strategico pubblico-privato in infrastrutture digitali core, non l’ennesimo bando pasticciato che finisce con Oracle o Microsoft vincitori e il Garante Privacy che fa finta di non vedere.

Ma come sempre, il paradosso italiano regna sovrano: si parla di cloud come se fosse un “tema da nerd”, mentre in realtà è l’equivalente digitale della sovranità energetica.

Siamo al punto in cui, per recuperare il terreno perso, servirebbe un Piano Mattei per il digitale, con risorse vere, regole chiare, alleanze strategiche e soprattutto volontà politica di dire no a chi oggi detta legge da Seattle o da Palo Alto.

Finché non capiremo che ogni byte di dato non sovrano è un pezzo di sovranità ceduto, continueremo a essere un Paese connesso e inconsapevole, smart solo nel marketing e sempre più suddito nella sostanza.

E nel frattempo, il cloud quello vero continuerà a essere altrove. Tranne eccellenze ovviamente… che si contano sulla punta delle dita.