Un caffè al Bar dei Daini
Venerdì, a Wall Street, qualcuno ha staccato la spina. I principali indici americani sono rimasti praticamente immobili, come un vecchio PC con Windows 98 che aspetta di essere riavviato. L’S&P 500, con la flebile ambizione di allungare una timida serie positiva a cinque giornate, si è limitato a respirare piano. Il rally si è fatto sentire fino a giovedì, portando il benchmark in territorio verde per l’anno ma si percepiva chiaramente nell’aria quella tipica fatica del venerdì pomeriggio: compratori esausti e dati macroeconomici che sembravano partoriti da un algoritmo in crisi esistenziale.
Dietro le quinte, però, il settore tecnologico si è acceso come un GPU in overclock, fregandosene del torpore generale. Citi Research, che raramente fa dichiarazioni per puro sport, ha rilanciato le sue previsioni: il comparto IT dell’S&P 500 non solo batterà il mercato, ma sarà l’unico con le scarpe da corsa nella maratona che ci aspetta. Il fondo ETF XLK, che segue l’andamento del settore tecnologico, ha segnato un robusto +2,96% in settimana, surclassando il +1,24% dell’S&P 500. In soldoni? La tecnologia continua a fare il lavoro sporco, mentre gli altri settori si godono la pausa sigaretta.
Chi ha guidato la carica? I soliti noti, e qualche outsider con i muscoli nascosti sotto la maglietta.
Super Micro Computer, meglio noto come SMCI, ha fatto un balzo del 42,82%. La ragione? Un upgrade degli analisti (che improvvisamente si sono accorti che i problemi di audit e delisting erano, guarda caso, in via di risoluzione) e, soprattutto, un contratto da 20 miliardi di dollari con i sauditi di DataVolt per fornire piattaforme GPU. Quando l’AI chiama, anche il deserto risponde.
Poi c’è First Solar, che si è impennata del 27,50% grazie all’upgrade di Wolfe Research e alla rinnovata fiducia nei famigerati crediti d’imposta 45X. Solare sì, ma con una buona dose di fiscalità creativa. Dell, sorpresa di giornata, ha portato a casa un +19,14%, probabilmente più per simpatia verso il settore che per meriti concreti, mentre Nvidia continua la sua marcia da schiacciasassi: +15,72% settimanale, senza nemmeno dover annunciare nuovi miracoli siliconici. Basterà la notizia che Wistron (quelli che costruiscono roba a Taiwan per conto terzi) aprirà fabbriche negli USA per i server AI entro il 2026 per far salire il titolo. In borsa, la promessa vale più del prodotto.
Micron, infine, ha segnato un +14,05% sostenuto da Wells Fargo, che ha confermato rating e target con la stessa nonchalance con cui si gioca a poker con carte segnate. Le preoccupazioni su tariffe e concorrenza cinese? Roba da lasciare nel cestino, almeno per questa settimana.
Mentre i titani della tecnologia prendevano il largo, alcuni titoli sono rimasti a mollo, annaspando. Fiserv, -8,78%, ha pagato a caro prezzo le parole del suo CFO, che ha detto – senza troppi filtri – che la crescita del sistema di pagamento Clover nel secondo trimestre sarà più o meno come quella del primo. Tradotto dal burocratese finanziario: piatta. E la borsa, si sa, odia la stagnazione più della recessione.
Enphase Energy ha lasciato sul campo un modesto -0,78%, dopo che BMO Capital ha deciso che il mercato residenziale solare USA potrebbe andare in coma se sparisse il credito d’imposta 25B. Se togli l’incentivo fiscale, il fotovoltaico sembra meno interessante di una batteria esausta. Poco meglio – o peggio – è andata a Juniper Networks, Gen Digital e altre comparse, con cali marginali che non cambiano il copione.
Dietro le quinte, però, c’è un dettaglio da non sottovalutare: la performance relativa del settore tech rispetto all’indice generale conferma un trend di fondo. In un mercato che arranca, con segnali misti dall’economia reale, l’Information Technology si propone ancora come l’unico settore in grado di offrire crescita reale, scalabilità e narrativa da vendere agli investitori – e agli algoritmi che fanno i mercati.
È una forma di resilienza strutturale, dove la volatilità è endemica, ma il valore percepito resta alto. L’AI continua ad essere il combustibile emotivo e speculativo dei prossimi trimestri, e ogni annuncio legato a GPU, data center o partnership con entità statali (meglio se non americane) è immediatamente scontato nel prezzo azionario con entusiasmo borderline.
L’ironia finale? Mentre gli ETF tech come QQQ, XLK, VGT e SMH guadagnano trazione e attraggono flussi, l’investitore medio continua a oscillare tra il FOMO e l’ansia da bolla. Ma se c’è una cosa che la settimana ha insegnato è questa: finché il mercato ha bisogno di storie per giustificare i multipli, il tech continuerà a raccontarne di irresistibili.
E come si dice al bar di Wall Street: “se non riesci a capire perché un titolo sta salendo, probabilmente è tecnologia”.
In attesa del prossimo blackout emotivo del mercato, XLK continua a ballare. E noi con lui.