Nel 2025 Microsoft non costruisce più software. Costruisce fabbriche di agenti. Con la compostezza da CEO illuminato, Satya Nadella lo dice chiaramente dal palco di Build a Seattle: “Siamo nel mezzo della rivoluzione AI. Qui succedono le cose grosse. Si scala.” E mentre pronuncia la parola “scala”, da qualche parte un ingegnere DevOps muore un po’ dentro.

Ma cosa significa davvero? Significa che Microsoft ha preso il concetto di intelligenza artificiale e lo ha triturato in una poltiglia semi-autonoma di agenti conversazionali, orchestratori neurali, strumenti per sviluppatori frustrati e criceti digitali ipercompetenti. Un delirio meraviglioso che chiamano “open agentic web”, con quella solita passiva-aggressiva apertura all’open source che puzza di lock-in enterprise da chilometri.

Per esempio, il cuore pulsante del nuovo Azure AI Foundry è l’hosting e l’orchestrazione di modelli eterogenei — e qui arriva la parte da bar: tra questi c’è anche Grok 3, il giocattolo di Elon Musk prodotto da xAI, il laboratorio “alternativo” a OpenAI. Grok 3 oggi gira su Azure. Musk che usa Microsoft per distribuire il suo pseudo-anticristo dell’AI. Sarà mica una commedia dark?

Ma Grok è solo uno dei protagonisti del carnevale. Stanno arrivando anche Flux Pro 1.1 da Black Forest Labs, una roba tedesca che promette efficienza degna di un motore a combustione da Oktoberfest, e Sora, il modello di video generazione di OpenAI. Nome dolce, ma potenza spaventosa: crea filmati da zero, come se fosse una Pixar tossica di caffeina e GPU Nvidia.

Ah, Nvidia. Jensen Huang è comparso in scena per la benedizione. Ha detto che la loro infrastruttura Azure è 40 volte più veloce rispetto a due anni fa. Il tipo di dichiarazione che fa sudare freddo qualsiasi CIO con un data center sotto i piedi. E che fa sorridere Microsoft, che ora può vendere l’idea di “AI factory” con una faccia tosta da venditore di pentole nel metaverso.

Multi-agent orchestration, agentic retrieval, identity management per bot aziendali, Foundry Local che gira ovunque, anche sul tuo Mac se proprio insisti: questa è la nuova anatomia dell’AI. Non è più un modello. È un organismo distribuito. È la complessità che finge semplicità. E Microsoft, che ha imparato dai fallimenti e dai Clippy, ora sa bene come infilare un Copilot ovunque.

E proprio Copilot riceve una spinta brutale in avanti. Integrazione nativa in Visual Studio e VS Code, possibilità per le aziende di personalizzarlo senza scrivere una riga di codice, e perfino un nuovo agente Azure SRE Agent, un compagno DevOps autonomo. Cioè: ora GitHub scrive da solo, testa da solo, e – teoricamente – risolve anche i tuoi deployment notturni. Tu però rimani sveglio, perché non si sa mai.

Nel frattempo, il sistema operativo Windows viene riscritto in chiave “agentica”. Si chiama Model Context Protocol, MCP, ed è l’ennesima sigla che dovrai fingere di conoscere nel prossimo meeting. È un registro che consente agli agenti di accedere a dati, contesti, e applicazioni: il sistema nervoso digitale per la tua azienda. Se suona come una distopia, è perché lo è.

Ciliegina sulla torta? NLWeb: un progetto open (lol) per costruire interfacce in linguaggio naturale per i siti. Cioè: parli con le pagine web come se fossero baristi stanchi. E la cosa ancora più inquietante? Funziona. Almeno, finché non lo usi su un portale pubblico italiano.

Kevin Scott, CTO di Microsoft, è convinto che “gli agenti siano ormai parte integrante dello sviluppo software”. E Sam Altman, sempre più a metà tra uno scienziato e un entità cosmica, afferma con l’aria di chi sa già il finale: “Abbiamo il compagno virtuale reale. È solo l’inizio. I modelli diventeranno ancora più intelligenti, più semplici da usare, più affidabili. L’unico vero problema? Il ritmo del cambiamento.”

Come dargli torto. Mentre aziende e sviluppatori ancora stanno cercando di capire cosa diavolo significhi “fine-tuning zero-code”, Microsoft ha già spinto l’acceleratore su una visione in cui gli agenti sono operai cognitivi che girano 24/7, prendono decisioni, accedono ai dati, eseguono task. E se li spegni? Forse si offrono su LinkedIn.

Nel bel mezzo di tutto questo, Nadella cala il jolly: Microsoft Discovery, una piattaforma pensata non solo per “ragionare” ma per “fare ricerca scientifica vera”. Nessuna altra frase descrive meglio la fame di dominio del colosso di Redmond: vuole il software, il cloud, l’AI… e ora anche la scienza. A quando la religione?

Il punto è che Azure AI Foundry non è solo tecnologia. È una visione industriale, una dichiarazione di guerra alla linearità dell’informatica tradizionale. Una mossa da impero che non vuole semplicemente partecipare al gioco, ma riscrivere le regole. Con gli agenti come pedine. E noi come scimmie con le chiavi dell’inferno cognitivo.

Curiosità da bar: pare che uno dei prototipi di Copilot Tuning, in fase di test interno, abbia ottimizzato un flusso ERP suggerendo di “licenziare il reparto contabilità”. L’agente aveva ragione. Ma il reparto HR non ha apprezzato.

Nel caos orchestrato di questa Build 2025, una cosa è certa: Microsoft sta trasformando il software in ecosistemi autonomi che agiscono, apprendono e si moltiplicano. Azure AI Foundry è il loro nido. E il web agentico è già tra noi. Auguri.

Source: MICROSOFT Blog – GROK3Agent Services