America, la terra promessa delle startup, ora si mette a insegnare ai suoi insegnanti come non farsi surclassare dall’intelligenza artificiale. Immaginate quasi mezzo milione di docenti K–12, cioè scuole elementari e medie, trasformati da semplici dispensatori di nozioni a veri e propri coach del futuro digitale grazie a una sinergia che sembra uscita da una sceneggiatura hollywoodiana: il più grande sindacato americano degli insegnanti alleato con i colossi OpenAI, Microsoft e Anthropic. Una nuova accademia, la National Academy for AI Instruction, basata nella metropoli che non dorme mai, New York City, promette di rivoluzionare il modo in cui l’intelligenza artificiale entra in classe. Non più spettatori passivi ma protagonisti attivi in un’epoca che sembra dettare legge anche tra i banchi di scuola.
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E così, dopo un anno intero passato a guardar sfilare con invidia i notebook “Copilot Plus” in vetrina, come ragazzini fuori da un Apple Store, ecco che anche i desktop PC iniziano a fiutare il profumo dell’intelligenza artificiale locale. Non perché Microsoft abbia cambiato idea, ovviamente. Ma perché Intel ha deciso che è ora di smettere di fare figuracce e dare finalmente ai suoi chip una NPU che non sembri uscita dal 2018. La svolta si chiama Arrow Lake Refresh, ed è un nome tanto poco sexy quanto potenzialmente epocale per chi ancora crede che un tower sotto la scrivania non sia un pezzo d’antiquariato.

Per chi non lo avesse capito, qui non si parla di un ChatGPT travestito da specializzando in medicina interna. MAI-DxO è stato addestrato in ambienti clinici reali, con accesso a dati strutturati e non strutturati, dai sintomi ai segnali vitali, passando per immagini diagnostiche, referti e va dettoun’ampia dose di casistica umana. Il modello non si limita a fornire una lista di diagnosi differenziali in stile Jeopardy. Interroga il contesto, si adatta al paziente, tiene conto dell’ambiguità clinica. In altre parole: non pensa come un medico, ma meglio.
Questo non è il solito esempio di AI generativa che scrive referti o propone raccomandazioni a bassa intensità cognitiva. Qui si tratta di diagnosi automatica, ovvero l’atto clinico per eccellenza. Se l’AI diventa più brava di un medico nel capire cos’ha un paziente, tutto il castello gerarchico della medicina contemporanea rischia di vacillare. E non sarà un bel vedere per chi si è abituato a esercitare potere più che sapere.

Microsoft ha annunciato un ritardo significativo nella produzione del suo chip AI di nuova generazione, Maia, noto anche come Braga. La produzione di massa, inizialmente prevista per il 2025, è stata posticipata al 2026. Secondo quanto riportato da Reuters, la causa principale del ritardo sono stati cambiamenti imprevisti nel design del chip, problemi di personale e un elevato turnover all’interno del team di sviluppo.
Questo ritardo pone Microsoft in una posizione delicata, soprattutto considerando la rapida evoluzione del mercato dei chip AI. Nvidia, con il suo chip Blackwell, ha già stabilito uno standard elevato, e il ritardo di Microsoft potrebbe significare che il chip Maia sarà meno competitivo al momento del lancio.

Sylicon Valley Insights
All’inizio sembrava una favola hi-tech. La startup più brillante del mondo dell’intelligenza artificiale e l’azienda più potente del cloud computing si tenevano per mano, correvano insieme verso il tramonto AGI, e promettevano al mondo un futuro dove ogni cosa, dalla posta elettronica alla coscienza, sarebbe stata potenziata da un modello linguistico. Poi, come in ogni matrimonio combinato da advisor e vestito di milioni, è arrivato il risveglio. E a giudicare dal tono delle ultime trattative tra OpenAI e Microsoft, qualcuno si è svegliato con l’acido solforico in gola.

Satya Nadella, CEO di Microsoft, ha finalmente tirato fuori un pensiero che va oltre il solito coro iper-tecnologico: l’intelligenza artificiale deve dimostrare di essere socialmente utile, altrimenti il suo consumo energetico non è giustificabile. Lo dice un uomo che guida una delle più potenti compagnie del mondo digitale, non un ambientalista radicale o un accademico lontano dalla realtà del business. E questa perletta va presa sul serio, soprattutto perché arriva in un momento in cui tutti stiamo abbassando lo sguardo davanti al consumo energetico delle nostre adorate AI, come se fosse un costo inevitabile del progresso.

L’incipit è di quelli che ti fanno dire «wow», soprattutto se sei abituato alle comparsate pompose dei giganti LLM che dominano pagine e conferenze. Microsoft ha introdotto Mu, un piccolo modello di linguaggio o SLM, small language model integrato direttamente in Windows Settings, capace di girare on‑device senza appoggiarsi al cloud. Il risultato? Impostazioni intelligenti, istantanee, che non aspettano la latenza della rete.
Ci sono un paio di cose che vanno chiarite. Primo: la definizione «piccolo» non significa «bugiardo» o «incapace». Mu è un erede nobile della famiglia Phi di Microsoft, di cui fanno parte Phi‑2, Phi‑3‑mini (3,8 mld parametri) fino al notevole Phi‑4, con i suoi 14 miliardi. Stiamo parlando di modelli tagliati su misura per compiti specifici, con dati selezionati di alta qualità e compressi tramite pruning, quantizzazione e distillazione per restare snelli ma reattivi . L’altro chiarimento: non si è semplicemente «mosso il cervello» già nel cloud per farlo girare su PC. No, Mu è progettato per funzionare localmente, riducendo latenza, costi, e – ciliegina sulla torta – proteggendo meglio la privacy degli utenti .

C’era una volta un gigante del software che vendeva Word e PowerPoint come pane fresco. Oggi quello stesso gigante sta bruciando miliardi in silicio e reti neurali, mentre licenzia migliaia di venditori in carne e ossa. Microsoft, signore e padrone del cloud, si prepara a sfoltire nuovamente la sua forza lavoro. Questa volta nel mirino non ci sono gli ingegneri o i product manager, ma gli umani che parlano con altri umani: i venditori.

È ironico che un colosso tecnologico come Microsoft, che ha costruito il suo impero sull’arte del compromesso e sulle partnership strategiche, possa ora trovarsi a un bivio che sembra stridere con la sua natura pragmatica. La notizia, riportata dal Financial Times, parla di tensioni crescenti tra Microsoft e OpenAI, il creatore di ChatGPT, con un possibile allontanamento in vista mentre OpenAI si prepara a trasformarsi in un’entità profittevole. Un matrimonio tecnologico a rischio divorzio, e per un motivo che non sorprende: i soldi.

OpenAI ha appena deciso di tagliare i prezzi di ChatGPT per le aziende, infilando un colpo a sorpresa nella strategia di Microsoft. La mossa, riportata da fonti come The Information e Reuters, non è un semplice aggiustamento tariffario: è un tentativo voluto di rubare clienti al vestito “Azure OpenAI”, la piattaforma rivenduta a caro prezzo dal partner di sempre . L’effetto? I commerciali Microsoft tremano, e le azioni MSFT segnalano nervosismo .
Il prezzo scontato, legato all’acquisto di altri servizi AI, è un’ammissione strategica: OpenAI punta a dominare il mercato enterprise, con la mira fissata su un obiettivo da 15 miliardi di dollari annui entro il 2030 . Un’arma dopata, in grado di attrarre la pancia del mercato – tentare Microsoft sul suo terreno.

New York – Se bastasse un nome ben scelto per garantire l’efficienza aziendale, Microsoft 365 Copilot sarebbe già un caso di studio in economia comportamentale. Purtroppo, non è così. E lo ha appena ricordato, con tono educato ma chirurgico, il National Advertising Division (NAD), l’organo autoregolamentare della BBB National Programs che vigila sulla correttezza pubblicitaria nel mercato statunitense. Al centro dell’indagine: il modo in cui Microsoft ha venduto — o forse è meglio dire “promesso” — le meraviglie della sua AI integrata.

“Non ci sono amici permanenti, né nemici permanenti, solo interessi permanenti.” Henry Kissinger, seppur in tutt’altro contesto, avrebbe colto perfettamente il sapore metallico che aleggia nei corridoi di OpenAI e Microsoft. La loro partnership, celebrata come la più rivoluzionaria alleanza del XXI secolo in campo tecnologico, sta sfaldandosi sotto il peso delle ambizioni divergenti (WSJ). E mentre Satya Nadella e Sam Altman rilasciano dichiarazioni congiunte che odorano di cerotto diplomatico, dietro le quinte si prepara uno scontro nucleare — metaforico, ma potenzialmente letale.

Nel 2025 la parola più di moda nel lessico delle multinazionali tech è una che fino a ieri puzzava di geopolitica demodé e burocrazia: sovranità. Ma non quella dei popoli, delle nazioni o dei parlamenti. No, quella digitale. Benvenuti nell’epoca del “Sovereign Cloud”, dove anche Microsoft, dopo anni di amore cieco per il modello centralizzato alla californiana, decide di vestirsi da paladina della sovranità europea, con tanto di accento sulla compliance, controllo e resilienza.

Benvenuti nell’epoca in cui il menu Start è diventato il nuovo campo di battaglia dell’intelligenza artificiale. Non è una battuta: Microsoft, come un illusionista con una dipendenza da hype, sta trasformando Windows 11 in un hub “magico” di funzioni AI, anche se il vero protagonista rimane sempre lui, il caro vecchio Start menu. Solo che ora è… più largo. Più fluido. Più telefonico. E decisamente più invasivo.
Ci sono momenti nella storia dell’informatica in cui le metafore saltano. Il desktop non è più un “desktop”, e nemmeno una scrivania virtuale. Con l’arrivo di Copilot Vision, Microsoft ha spalancato la finestra: adesso il tuo sistema operativo ha degli occhi. E li presta volentieri al suo assistente AI, che guarda, interpreta e reagisce in tempo reale a ciò che stai facendo. Sì, proprio come il collega ficcanaso in ufficio. Ma con meno giudizi morali e molta più RAM.
La parola chiave qui è visione. Copilot Vision non si accontenta di “capire” le tue parole. Vuole anche vedere il contesto in cui le stai digitando. Una vera e propria evoluzione cognitiva dell’assistente digitale, che ora può analizzare direttamente quello che appare sul tuo schermo — da una foto di famiglia a un layout di InDesign — per suggerire, spiegare, correggere, anticipare. Il tutto senza necessità di sottoscrivere Copilot Pro, perché sì, è gratuito. Almeno per ora, almeno negli Stati Uniti. La gentilezza dei colossi dura poco, come gli ombrelloni gratis a luglio.

Ci sono momenti in cui la tecnologia fa un passo avanti così teatrale da sembrare una provocazione. Questa è una di quelle occasioni: Microsoft ha appena inserito un generatore video AI nella sua app Bing, e lo ha fatto con la nonchalance di chi regala una caramella a un bambino sapendo che dentro c’è un microchip.
Il nome, Bing Video Creator, suona più come una funzione marginale che come un punto di svolta epocale. Ma sotto questa etichetta banale si nasconde Sora, il modello text-to-video di OpenAI che ha fatto tremare le fondamenta del content marketing, della pubblicità, dell’informazione e più silenziosamente dell’immaginario collettivo. E ora è nelle tasche di tutti. Gratis. O almeno, sembra.

Microsoft ha appena ribaltato il tavolo dell’AI per sviluppatori, trasformando GitHub Copilot da semplice assistente di codice a un agente di programmazione completamente autonomo. E no, non è più quel copilota passivo che aspetta le tue istruzioni: ora fa il lavoro sporco da solo, come un junior inesperto ma pieno di entusiasmo, pronto a sbagliare e imparare senza chiedere il permesso.
L’idea di un agente AI che programma senza bisogno di supervisione in tempo reale sembra un azzardo da fantascienza, eppure Microsoft l’ha messa in pratica. Il nuovo Copilot non vive più in modalità “attendi input” o “collabora in diretta”, ma lavora asincronamente, orchestrando attività e processi di sviluppo in background, come se avessi un giovane apprendista nel team che prova a scrivere codice mentre tu dormi o ti dedichi a strategie più “nobili”. (PROVALO QUI)

Microsoft non è mai stata famosa per farsi dettare la linea da qualcun altro. Nemmeno da una sua creatura. Sì, perché OpenAI è ormai un pezzo interno all’impero di Redmond, una macchina da soldi da 13 miliardi di dollari – pardon, un “partner strategico”. Ma nel mondo dell’intelligenza artificiale generativa, la fedeltà è un concetto fluido. E oggi GitHub Copilot diventa il campo di battaglia dove Microsoft decide di mettere in discussione il suo matrimonio tecnologico con Sam Altman e soci.

L’impero degli agenti: perché il CIO del futuro sarà un domatore di IA o un fossile aziendale
C’era una volta il CIO, quello con la cravatta storta alle riunioni del board, chiamato solo quando i server andavano a fuoco o quando c’era da spiegare perché il Wi-Fi non prendeva in sala. Ora, Microsoft gli ha messo in mano una frusta da domatore e l’ha spedito dritto nell’arena delle “Frontier Firm”. Non un’azienda, non una multinazionale, non una startup. Ma una nuova specie organizzativa, alimentata da umani e agenti AI che lavorano fianco a fianco come in una distopia di Asimov fatta a PowerPoint.

Benvenuti nell’era in cui anche il tasto destro del mouse ha deciso di laurearsi in intelligenza artificiale. Sì, perché Microsoft, in un raro slancio di creatività ingegneristica, ha annunciato l’introduzione delle cosiddette AI actions nel File Explorer di Windows 11. Tradotto in modo meno eufemistico: adesso puoi cliccare su un file e chiedere a Copilot di fare qualcosa di “intelligente”. Sfocare lo sfondo di una foto, cancellare un oggetto, cercare immagini simili su Bing. Tutto questo senza neanche aprire l’applicazione. Una scorciatoia, sì, ma anche un’illusione di progresso.

Nel 2025 Microsoft non costruisce più software. Costruisce fabbriche di agenti. Con la compostezza da CEO illuminato, Satya Nadella lo dice chiaramente dal palco di Build a Seattle: “Siamo nel mezzo della rivoluzione AI. Qui succedono le cose grosse. Si scala.” E mentre pronuncia la parola “scala”, da qualche parte un ingegnere DevOps muore un po’ dentro.
Ma cosa significa davvero? Significa che Microsoft ha preso il concetto di intelligenza artificiale e lo ha triturato in una poltiglia semi-autonoma di agenti conversazionali, orchestratori neurali, strumenti per sviluppatori frustrati e criceti digitali ipercompetenti. Un delirio meraviglioso che chiamano “open agentic web”, con quella solita passiva-aggressiva apertura all’open source che puzza di lock-in enterprise da chilometri.

Quando il vicepresidente di Microsoft, Jeff Hulse, dice ai suoi 400 ingegneri software che l’obiettivo è far scrivere all’AI la metà del codice, non è un consiglio. È un preavviso. Una di quelle frasi da incorniciare tra le “ultime parole famose” prima che il silenzio si faccia pesante. Poi, giusto per ribadire il concetto, Microsoft licenzia più di una dozzina di quei programmatori, proprio sotto il suo naso. E non per inefficienza, incompetenza o tagli casuali. No, qui si respira l’aroma nitido e metallico dell’automazione che si prende ciò che è suo.

Ora che la pantomima dei benchmark “truccati” in stile LMArena ha mostrato quanto sia facile drogare i numeri per far sembrare intelligente anche un tostapane con un fine-tuning, era solo questione di tempo prima che qualcuno dicesse: “Aspetta un attimo, ma cosa stiamo davvero misurando?”
Microsoft ha colto il momento e il discredito generale per piazzare sul tavolo ADeLe, un framework di valutazione che, ironia della sorte, non misura tanto le risposte di un modello quanto il modo in cui dovrebbe pensare per arrivarci. Come dire: invece di guardare il voto in pagella, ci interessiamo al metodo di studio. E se sbaglia, capiamo perché. Finalmente.

Ricordi Clippy? Quella graffetta fastidiosa che sbucava fuori in Word nei primi 2000 con lo sguardo inquietante da psicopatico gentile, chiedendoti se stessi scrivendo una lettera. Bene. Clippy è morto, ma lo spirito è vivo. Ora si chiama Copilot, ha i muscoli dell’intelligenza artificiale, e la voce per chiamarlo è: “Hey, Copilot!”. Sì, hai letto bene. Siamo ufficialmente entrati nella fase in cui il tuo PC ti ascolta davvero e non per sbaglio.

Ora basta con la religione delle GPU. Microsoft ha appena lanciato bitnet.cpp, un framework open-source per l’inferenza di modelli LLM compressi a 1-bit, che gira interamente su CPU. Sì, quelle CPU che ci hanno sempre fatto sentire inferiori nei confronti dei monoliti Nvidia con i loro 800 watt di arroganza termica.
Non è una boutade per dev nostalgici del Commodore 64: è un cambio di paradigma. Una rivoluzione a 1-bit, ma con impatto da megaton.

Nel teatrino ipocrita della Silicon Valley, dove tutti “vogliono migliorare il mondo” mentre si spartiscono miliardi su server raffreddati a liquido, la vera trama si svolge dietro le quinte. E non è certo una fiaba. OpenAI, la creatura postmoderna partorita da idealismo open-source e fame di profitti, sta cercando di riscrivere le regole del suo patto faustiano con Microsoft. La parola d’ordine? Potere. Quella nascosta? Marginalità. E in mezzo, come sempre, c’è il denaro.

Satya Nadella (telugu సత్యనారాయణ నాదెళ్ల, urdu نادیلا ستیہ ناراینہ) può pure sorridere, con quel mezzo ghigno da guru zen della Silicon Valley. Dopo anni in cui Apple si prendeva tutte le copertine e le standing ovation, ora è Mr. Azure a prendersi l’applauso. Microsoft ha chiuso la settimana con una capitalizzazione monstre di 3.235 trilioni di dollari, superando Apple, ferma a 3.07 trilioni. L’ironia? Nessun miracolo, nessuna rivoluzione. Solo execution chirurgica e crescita costante. Esattamente quello che gli investitori cercano in tempi di isteria monetaria e geopolitica da Far West.

Siamo nel 2025, ma sembra di vivere in un eterno loop distopico tra guerre commerciali, rincari a raffica e multinazionali che fingono di restare sorprese da un mondo che loro stesse contribuiscono a modellare. Microsoft ha appena annunciato una mazzata colossale per tutti i gamer e tech enthusiast: rincari fino al 45% su Xbox, controller, cuffie e persino giochi. Il tutto, ovviamente, “per via delle condizioni di mercato e dell’aumento dei costi di sviluppo”. Tradotto: colpa dei dazi imposti anni fa da Donald Trump, ancora oggi come un fantasma fiscale che infesta l’industria tecnologica.
Il prezzo della Xbox Series X, già non propriamente a buon mercato, sale di 100 dollari, raggiungendo la modica cifra di 599,99 dollari. Per chi pensava di cavarsela con la più economica Series S, la sorpresa è un bel +80 dollari, per un nuovo totale di 379,99 dollari. E non è finita: i controller e le cuffie – quei piccoli accessori di cui non puoi fare a meno – subiscono un’impennata fino al 45%, partendo da 65 dollari. È come se Microsoft avesse deciso di trasformare ogni singola componente in un piccolo lusso da collezionisti.

Mentre il mercato dell’intelligenza artificiale continua a scoppiare di modelli sempre più grandi, affamati di RAM e addestrati a colpi di miliardi di parametri, Microsoft tira fuori dal cilindro una piccola rivoluzione: Phi-4-mini-reasoning. Non lasciarti ingannare dal nome: questo modello “mini” da 3.8 miliardi di parametri sputa fuori soluzioni matematiche e ragionamenti logici che mettono in imbarazzo modelli ben più muscolosi come LLaMA-3, DeepSeek-R1-Distill-70B o OpenThinker-7B. Per dare un’idea: durante le valutazioni Math-500 e GPQA Diamond, Phi-4-mini ha letteralmente fatto a pezzi modelli due volte più grandi. E tutto questo senza bisogno di un supercomputer: gira su laptop con CPU e GPU standard, ottimizzato anche per NPU nei nuovi Copilot+ PC. Hai presente? Quei PC che promettono prestazioni AI native, local-first, zero latenza e batteria che non si autodistrugge dopo 10 minuti.

Nel silenzio ovattato dei data center di Redmond, si sta preparando un terremoto che rischia di ridisegnare l’intera mappa geopolitica dell’intelligenza artificiale. Microsoft, che già da tempo gioca su più tavoli nel casinò delle AI, avrebbe iniziato i preparativi per ospitare Grok, il modello sviluppato da xAI di Elon Musk, sulla sua piattaforma Azure AI Foundry. Non si tratta solo dell’ennesimo modello aggiunto al menù: questa mossa ha il potenziale per innescare un incidente diplomatico con un alleato strategico OpenAI e forse ridefinire per sempre gli equilibri tra i giganti dell’IA.
Satya Nadella, stratega spietato con l’eleganza di un CEO di scacchi tridimensionali, sembra intenzionato a trasformare Azure in l’hub mondiale per modelli di AI, qualunque sia la loro provenienza. La logica dietro la decisione è semplice e brutale: se non puoi produrre in casa il miglior motore, assicurati almeno che corra nel tuo circuito. Ed è proprio in questo spirito che Microsoft ha già abbracciato modelli di altri laboratori come DeepSeek, l’astro nascente cinese che ha fatto tremare la Silicon Valley con i suoi modelli ultra-economici.

1 Maggio, festa dei lavoratori, il BAR è giustamente chiuso!
Nel teatro sempre più disordinato dell’economia americana, dove la politica commerciale di Donald Trump gioca al flipper tra dazi, minacce e improvvisi rovesciamenti, la narrazione dominante racconta di imprese che tremano all’orizzonte di una recessione. La volatilità, l’incertezza, e la paranoia sono moneta corrente nei salotti dei macroeconomisti e nei report delle banche centrali. Eppure, due colossi della tecnologia americana hanno appena gettato un secchio d’acqua gelata su queste ansie da crollo: Microsoft e Meta, in barba al mood catastrofista, hanno pubblicato risultati trimestrali sorprendentemente robusti. E non stiamo parlando di briciole.

Susan Li, la Chief Financial Officer di Meta, ha fotografato un mese di aprile più roseo del previsto. A parte un evidente freno della spesa da parte delle piattaforme asiatiche di e-commerce che invadono il mercato americano (Temu e Shein, i due dragoni digitali low-cost), tutto il resto del panorama appare, nella sua parole, “sano”. Nessun collasso imminente, nessuna fuga dai consumi, niente che somigli nemmeno vagamente a un preludio recessivo. L’economia reale, almeno quella che scorre nei cavi in fibra e nei data center, sembra immune alle tensioni geopolitiche e tariffarie.
Mentre Satya Nadella stringe mani e sorrisi sul palco del LlamaCon di Meta accanto a un Zuckerberg sempre più simile a un ologramma del proprio avatar, sgancia l’ennesima bomba siliconica con l’aria casuale di chi ti dice che ha finito il latte: “Il 20, forse il 30% del codice nei nostri repository è ormai scritto da software.” Software, non umani. Non stagisti, non consulenti indiani da 8 dollari all’ora. Intelligenza artificiale. Copiloti, LLM, cose che fino a ieri ci sembravano ancora esperimenti in laboratorio e che oggi gestiscono branch di progetti strategici Microsoft.
E non stiamo parlando di automazioni banali. Nadella non specifica se si tratta di codice di sistema, UI, scripting interno, test o documentazione – ed è proprio questo il punto. Il CEO di Microsoft non sente più il bisogno di spiegare in dettaglio. Come se la soglia dello stupore si fosse già dissolta, come se fosse ovvio che ormai il codice venga prodotto da macchine.

È ufficiale: Microsoft ha deciso che il tuo PC deve ricordare tutto. Tutto. E con “Recall”, ora lo farà davvero. L’azienda di Redmond ha finalmente lanciato il famigerato sistema di screenshot continui su tutti i Copilot Plus PC, dopo una gestazione degna di un software di sorveglianza militare. Il risultato? Un feature “opt-in” che promette di aiutarti a “riprendere da dove avevi lasciato”, mentre in realtà memorizza ogni singolo pixel della tua vita digitale.
Il principio è semplice e, come sempre con Microsoft, potenzialmente geniale e inquietante in parti uguali. Recall scatta automaticamente degli snapshot dello schermo a intervalli regolari, li indicizza e li rende consultabili attraverso una timeline visuale. Hai letto un documento ma non ricordi come si chiamava? Nessun problema: puoi scrollare indietro nella timeline e trovarlo come fosse una puntata della tua serie preferita. Ti sei dimenticato dov’era quella foto del cane marrone? Basta chiedere “brown dog” e l’AI farà la magia.
C’è un che di Black Mirror in tutto questo.

Quando Microsoft e la Singapore Academy of Law si mettono insieme per scrivere un manuale di Prompt Engineering per avvocati, non lo fanno per sport. Lo fanno perché hanno capito che l’unico modo per convincere una professione ostinatamente conservatrice a dialogare con l’intelligenza artificiale, è quello di mostrarle che non c’è nulla da temere… e tutto da guadagnare. Il documento in questione non è un trattato teorico né una marketta da vendor: è un compendio tecnico, pratico, e maledettamente necessario su come usare l’IA generativa nel diritto senza fare disastri etici o figuracce professionali. Ecco perché è interessante: perché non parla dell’IA, ma con l’IA. E lo fa con uno stile educato ma pragmatico, come dovrebbe fare ogni buon avvocato.
Nel primo capitolo, gli autori smantellano con eleganza la narrativa ansiogena: l’IA non ruba lavoro, ma tempo sprecato. Il messaggio è chiaro: l’avvocato che usa l’IA non è un fannullone, è un professionista che si libera dalle catene della burocrazia testuale. Revisioni contrattuali, due diligence, ricerche giurisprudenziali… tutte attività dove l’IA non solo non nuoce, ma esalta la qualità umana, perché consente di dedicarsi a ciò che davvero conta: pensare, decidere, consigliare. Non automatizzare l’intelligenza, ma liberarla.

Microsoft sta per lanciare una versione rinnovata della sua app Microsoft 365 Copilot, che segna un altro passo significativo verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle aziende. La nuova versione dell’app, che funge da hub per i documenti di Office e ora include anche gli strumenti AI di Microsoft, si avvicina sempre di più alle funzionalità consumer di Copilot, con un’interfaccia più intuitiva e strumenti potenti per generare contenuti e ottimizzare il flusso di lavoro. Leggi il Blog Microsoft
L’approccio di Microsoft con la nuova versione di Copilot si concentra sull’ottimizzazione dell’esperienza utente e sulla personalizzazione, cercando di rendere l’app ancora più utile e “intelligente”. Un cambiamento fondamentale è l’adozione di un’interfaccia basata sulla chat, che ora include la memoria e la capacità di personalizzazione, simile a quella presente nella versione consumer di Copilot. Questo significa che Copilot inizierà a comprendere meglio il tuo modo di lavorare e a rispondere in modo sempre più adeguato alle tue preferenze. Microsoft punta a creare un ambiente dove l’IA non è solo uno strumento, ma diventa un assistente che evolve insieme a te.

Nel gioco di potere dei Large Language Model, dove fino a ieri vinceva chi aveva la rete neurale più gonfia e il datacenter più affamato, Microsoft cala un jolly cinico e sorprendentemente umile: BitNet b1.58 2B4T, il primo LLM nativo a 1 bit, che anziché urlare “più grande è meglio”, sussurra qualcosa di molto più inquietante per i rivali: “più piccolo può batterti comunque”. Con 2 miliardi di parametri — roba che una volta avremmo definito mid-size — questo modello è un capolavoro di ottimizzazione brutale. E sì, “nativo a 1 bit” significa esattamente quello che sembra: la rete usa solo -1, 0 e 1 per rappresentare i pesi.
Dietro c’è un’idea tanto banale quanto rivoluzionaria: se riesci a riscrivere le fondamenta stesse della matematica neurale senza distruggere le performance, puoi infilare l’intelligenza artificiale ovunque. Non più solo in GPU da 10.000 dollari, ma anche nel laptop aziendale del 2018, o nel frigorifero smart di domani mattina.

C’è una nuova voce nell’aria letteralmente – ed è quella di Copilot Vision, il nuovo giocattolo AI che Microsoft ha deciso di mettere a disposizione gratuitamente per chi usa il browser Edge. Il CEO della divisione AI di Microsoft, Mustafa Suleyman, l’ha annunciato su Bluesky con tono entusiasta, ma il sottotesto è chiaro: Microsoft vuole che lasciamo che il suo assistente virtuale veda tutto quello che vediamo noi.
Sì, hai letto bene: una volta attivato, Vision è in grado di “vedere” ciò che è sul tuo schermo e rispondere in tempo reale con suggerimenti, assistenza contestuale e commenti a voce. Un’esperienza “talk-based”, come la definiscono a Redmond, dove tu parli all’aria e aspetti che il tuo browser risponda. Cose da 2025, ma con un retrogusto da episodio distopico di Black Mirror.

Microsoft non poteva restare a guardare mentre OpenAI e Anthropic si facevano i propri maggiordomi digitali personali. Così questa settimana ha sganciato il suo colpo: una nuova funzione per Copilot Studio chiamata, in perfetto stile Silicon Valley, “computer use”. Tradotto: l’intelligenza artificiale di Redmond ora può usare il tuo computer come farebbe un umano. Ma senza sindacati, pause caffè o click sbagliati dovuti alla noia.
In pratica, Copilot Studio potrà cliccare bottoni, scrivere nei campi di testo, aprire menu a tendina e — cosa ben più interessante — interagire con applicazioni desktop e siti web anche quando non esistono API ufficiali. L’AI impara dall’interfaccia utente visiva. Se un umano può farlo guardando lo schermo, l’agente AI può farlo anche meglio. O almeno ci prova.

Nel panorama tecnologico odierno, le alleanze strategiche tra giganti del settore e startup emergenti nel campo dell’intelligenza artificiale (IA) sono diventate pratica comune. Tuttavia, queste mosse non sono passate inosservate agli occhi vigili dei legislatori statunitensi. I senatori democratici Elizabeth Warren e Ron Wyden hanno recentemente sollevato preoccupazioni riguardo alle partnership tra Microsoft e OpenAI, nonché tra Google e Anthropic, temendo che tali accordi possano soffocare la concorrenza e limitare le scelte dei consumatori.
In lettere indirizzate alle due colossali aziende tecnologiche, i senatori hanno richiesto dettagli sui termini finanziari e sulle clausole di esclusività di queste collaborazioni. La loro apprensione principale è che tali alleanze possano consolidare il potere di mercato delle grandi aziende, soffocando l’innovazione e portando a prezzi più elevati per i consumatori. Inoltre, hanno sollevato interrogativi sulla possibilità che Microsoft e Google intendano acquisire i loro partner nell’IA, trasformando queste partnership in vere e proprie fusioni mascherate.

Microsoft ha appena spalancato una porta sul futuro del gaming, e dentro non c’è l’Eden, ma piuttosto una distopia tecnologica che sa tanto di laboratorio segreto di Redmond. La nuova creatura si chiama Muse AI, e non è un semplice giocattolo nerd: è una macchina pensante in grado di generare gameplay. Sì, hai capito bene. Non livelli progettati da umani o nemmeno scene suggerite da prompt: gameplay generati interamente da un modello neurale.
Il primo assaggio di questa mutazione arriva in forma di reliquia cyberpunk: un Quake II ricostruito in browser, visibilmente sfigurato, come se fosse passato attraverso un sogno febbrile dell’AI. È la tech demo che Microsoft ha messo online come parte dell’iniziativa Copilot for Gaming, ed è più un teaser allucinato che un’esperienza concreta. Pixel sfocati, frame rate migliorato rispetto all’originale demo a 10fps (ora siamo a 640×360, non esattamente 4K), e sessioni di gioco a tempo determinato. Più Black Mirror che Xbox Live.