Quello che Microsoft ha annunciato al suo Build è una di quelle mosse che sembrano piccole, ma che in realtà stanno ridisegnando sottotraccia il paradigma del web moderno: l’introduzione di API cross-platform per l’AI on-device nel browser Edge, alimentate dal suo modello Phi-4-mini. Roba da far impallidire i paladini del cloud e far storcere il naso ai puristi del server-side. Sì, perché stiamo parlando di intelligenza artificiale che gira localmente, sul tuo portatile, mentre scrolli siti web e cerchi di sembrare produttivo.

Microsoft promette che questi strumenti saranno disponibili non solo su Windows, ma anche su macOS, e questa è già una dichiarazione di guerra elegante a Chrome: “se non puoi batterlo in velocità o adozione, punta su qualcosa che l’altro non ha ancora reso standard”.

Il cuore pulsante di tutto questo è Phi-4-mini, un modello da 3.8 miliardi di parametri – definizione che ormai suona come “piccolo solo per chi lavora a OpenAI”. Phi-4-mini non ha bisogno del cloud, si installa e gira localmente nel browser, e da lì comincia a fare il lavoro sporco: suggerimenti di scrittura, riassunti, traduzioni (in arrivo), generazione di testo e tutto il solito circo LLM, ma con latenza ridicola e privacy integrata by design.

Quindi, il web cambia. Di nuovo. Ma stavolta l’evoluzione ha un sapore anni ’90, quando tutto succedeva nel client, non in qualche oscuro data center in Iowa. Ed è proprio questa inversione a U che rende la cosa interessante: il ritorno della computazione locale, ma con i superpoteri del 2025.

Non è un’API, è un’ideologia.

Microsoft sa bene che questi nuovi API per Edge non sono solo “funzionalità”. Sono statement politici. Una provocazione alla centralizzazione estrema dei modelli AI, un richiamo all’intelligenza decentralizzata, che gira sul device, controllata dallo sviluppatore e dall’utente, non da Azure o da qualche console di monitoring remota.

Ed è qui che entra il concetto più dirompente: questi strumenti sono potenziali standard web. Microsoft non sta costruendo una feature proprietaria, sta cercando di definire un nuovo stack semantico per il browser, dove JavaScript incontra l’AI, ma non attraverso REST API e latency da 300ms, bensì via inferenza in tempo reale, con zero dipendenze dal cloud.

Il tutto ha anche un sapore vagamente hacker: installa Edge Canary o Dev Channel e puoi già iniziare a sporcarti le mani. È un invito al tinkering, all’era post-JavaScript in cui le webapp non devono più delegare a ChatGPT o a serverless functions tutto ciò che è “cognitivo”. Lo fai girare lì, nella tab aperta. Edge come motore AI embedded, un runtime a tutti gli effetti.

Ora, Google non starà certo a guardare. Con le sue API AI già disponibili in Chrome – da text translation a generazione di immagini fino alla creazione di eventi – ha in effetti già aperto il campo. Ma lo fa, come sempre, col guinzaglio ben saldo nella mano di Mountain View. Microsoft invece gioca il ruolo del lupo travestito da pecora: “Ehi, sono solo delle API sperimentali”, dice. Certo. Come lo erano le Service Worker nel 2015.

Il confronto con Chrome è inevitabile, ma anche profondamente diverso nel sapore: mentre Google si affida all’enorme infrastruttura del suo ecosistema, Microsoft tenta una strada in cui Edge diventa un laboratorio AI distribuito. Con la differenza che stavolta non devi iscriverti a un piano enterprise per usarlo. Bastano un paio di linee di codice e un browser aggiornato.

Questa democratizzazione dell’AI nel web è quello che, in fondo, serviva per sbloccare la stagnazione attuale. Perché è chiaro a tutti: i siti oggi sono noiosi. Sempre gli stessi framework, sempre la stessa UX, sempre la stessa forma travestita da funzionalità. Ma se un sito potesse scrivere con te, suggerirti alternative, riassumere i contenuti, completare i moduli mentre leggi o tradurre all’istante, senza mai uscire dal device… Allora sì che ritorna l’effetto “wow” che ci manca da anni.

Certo, c’è l’altro lato della medaglia: il rischio che ogni sito diventi un clone AI-powered che tenta di finire le tue frasi prima di te. Ma questo fa parte del gioco. Il punto è che con Phi-4-mini e le sue API, Microsoft sta aprendo il vaso di Pandora per gli sviluppatori web. Ed è solo l’inizio.

Come diceva un vecchio programmatore da bar (più ubriaco che ispirato):

“Il futuro non sarà scritto in JavaScript, ma in prompt”.

E il bello è che Edge ora ti aiuta anche a scriverlo meglio.