Se ancora non ti è chiaro, te lo riscrivo in grassetto: il comunicato stampa è morto. Cancellato. Annientato. Bruciato nel falò dell’era post-carta, post-verità e post-umiltà. Sam Altman, con un video da boutique hollywoodiana da 6,5 miliardi di dollari (più o meno), ha riscritto l’estetica della comunicazione aziendale, ma soprattutto ha riscritto le sue regole non dette. Quelle che una volta erano dominio dei ghostwriter e dei PR con lo smoking, oggi appartengono ai CEO-registi, CEO-attori, CEO-oracoli.
L’acquisizione della startup fondata da Jony Ive il Michelangelo dell’oggettistica Apple non è stata annunciata con un documento freddo, ma con un film. No, non un video. Un film. Montato, color grading perfetto, dialoghi sussurrati, camera morbida, inquadrature a regola d’arte. Roba che neanche Wes Anderson sotto acido. Altman e Ive si parlano come se stessero spiegando il destino dell’umanità mentre sorseggiano tè nello studio di un monaco zen. E la cosa inquietante è che funziona.
Altman non ha solo firmato un assegno da 6,5 miliardi. Ha siglato un nuovo patto comunicativo: il CEO non informa, narra. Non annuncia, recita. E soprattutto: non interagisce con la stampa, la bypassa.
Perché perdere tempo con un’intervista vera, con un giornalista che potrebbe avere l’orribile impulso di fare una domanda scomoda, quando puoi inscenare una coreografia elegante di domande-risposte tra CEO, tutte perfettamente allineate col brand tone, senza rischio, senza scossoni, senza umanità? È l’era del talk tra titani. Nadella che intervista Musk. McDermott che intervista Huang. È il capitalismo autoreferenziale che recita la parte del confronto, ma in realtà si fa un selfie con l’ecosistema.
Curiosità da incubo: in questo mondo, il giornalista diventa un optional. Una voce esterna che disturba. Inutile. Al massimo può commentare, dopo, a margine. Un po’ come faccio io ora.
Se credi che questo sia un trend passeggero, ti sbagli. Questo è il nuovo protocollo. Il CEO influencer ha sostituito il CEO ingegnere. La telecamera è diventata il consiglio di amministrazione. L’azienda è una produzione mediatica continua, una fiction a puntate sul futuro. L’unica cosa reale è il capitale che ci gira intorno. E anche quello, presto, sarà tokenizzato.
Non pensare che siano solo i giganti a poterselo permettere. Questo schema si replica a cascata, come ogni buon pattern virale. Startupper con tre dipendenti inizieranno a parlare in slow motion di “vision”, “interoperabilità”, “filosofia del prodotto”. Vedrai teaser da 30 secondi su LinkedIn con CEO che sussurrano davanti a una parete grigia, guardando in camera come se stessero confessando i segreti dell’universo.
È il paradosso estetico della corporate communication 3.0: mentre l’AI democratizza la produzione video, l’élite capitalistica alza l’asticella e torna al cinema d’autore. E nel frattempo, tutti gli altri inseguono, come sempre, con budget ridicoli e storytelling imbarazzanti.
Altman non ha solo comunicato un’acquisizione, ha comunicato come si comunica un’acquisizione. E tutti i CV dei PR tradizionali dovrebbero tremare. Non servono più penne affilate. Servono registi, montatori, strateghi semiotici, curatori dell’immagine del fondatore come se fosse una rockstar del Rinascimento digitale.
A questo punto mi aspetto che la prossima trimestrale venga annunciata in realtà aumentata, in diretta da Marte, con un ologramma di Altman e una colonna sonora firmata Hans Zimmer.
E il peggio è che la cosa sta già funzionando. Perché il pubblico – noi – si beve tutto. Scrolla, guarda, applaude. Un giorno ride della patina, il giorno dopo la emula. È il ciclo vizioso dell’ammirazione critica.
Lo so, qualcuno obietterà: “Ma alla fine è solo marketing”. Sì. Ma è marketing con 6.5 miliardi di dollari sotto, e una narrazione che riscrive le sinapsi del potere. È estetica come soft power. È design che diventa strategia geopolitica.
Benvenuti nella CEO Economy. Dove ogni parola è brand equity, ogni video è un’IPO emozionale, ogni silenzio è progettato. E dove, attenzione, chi non si adatta scompare.
Altman non ha solo fatto un video. Ha dichiarato guerra al passato. E l’ha vinta senza sparare un colpo.