Siamo all’apice del teatro digitale, dove ByteDance – la madre di TikTok – ha deciso di mettere in scena l’ennesima trovata degna del miglior illusionista. L’app Doubao, già nota come uno dei chatbot più popolari in Cina, si trasforma ora in una guida interattiva, consulente e analista in tempo reale grazie a una nuova funzione di videochiamata. Fantastico, no? O forse solo un altro trucco ben confezionato per mascherare i limiti reali dell’intelligenza artificiale generativa.
Immaginate la scena: state facendo un tour al museo, puntate la fotocamera del vostro smartphone, e voilà, Doubao si trasforma in una sorta di cicerone digitale. Oppure siete in giardino a contemplare la vostra pianta che fatica a crescere, e il chatbot si improvvisa esperto botanico. In cucina, invece, Doubao diventa un maestro di ricette. Tutto molto “black mirror”, con l’aggiunta di un tocco commerciale.
La verità, al netto di questa parata di funzionalità, è che ByteDance sta giocando con la percezione dell’utente più che con la reale rivoluzione tecnologica. La capacità di Doubao di interagire in tempo reale con video e voce è sicuramente un passo avanti, ma il nucleo di tutto rimane il solito algoritmo: un mix sofisticato di riconoscimento immagini, linguaggio naturale e database formattati. Nulla di così sconvolgente da far tremare i giganti della Silicon Valley o da mettere in crisi le banche di dati consolidate.
La funzione di videochiamata non è altro che un modo per aumentare il coinvolgimento, per far sentire l’utente “presente” e “ascoltato”. Ma attenzione, non confondiamo interattività con intelligenza vera. Doubao non “capisce” nulla, non prova empatia, non può sostituire un esperto umano se la situazione si fa complessa. Dietro la maschera digitale si cela sempre un sistema che fa previsioni basate su dati precedenti, non una mente che ragiona.
Interessante, però, notare come ByteDance stia spingendo sull’ibridazione tra AI generativa e interfacce video real-time, un settore ancora tutto da esplorare, dove la user experience può diventare un’arma potente. Perché alla fine, in un mercato affollato di app e assistenti vocali, la vera battaglia è quella del “tempo di attenzione”: più l’utente resta incollato allo schermo, più l’ecosistema digitale si arricchisce.
C’è anche un sottile gioco psicologico, una seduzione subliminale nel trasformare un’intelligenza artificiale in un interlocutore visivo: ci illudiamo di parlare con qualcuno, ma siamo ancora davanti a uno specchio che riflette algoritmi. E come disse una volta Alan Turing, “Se una macchina può convincerti di essere umana, allora è intelligente.” Ma noi sappiamo bene che la realtà è più sfumata, e spesso molto meno affascinante.
Doubao con la sua nuova funzione può sembrare il futuro dell’assistenza digitale, ma resta un passo nella lunga marcia dell’AI verso una reale autonomia cognitiva, ancora lontana dall’essere raggiunta. L’upgrade serve più a creare hype, a smuovere il mercato e a mantenere ByteDance sulla cresta dell’onda dell’innovazione, piuttosto che a svelare una rivoluzione vera e propria.
Doubao in videochiamata è un ottimo esempio di come la tecnologia moderna sappia vestirsi di virtù che non possiede ancora, un po’ come un CEO che promette la luna per vendere azioni. Sta a noi, spettatori e utilizzatori, distinguere tra il fascino dell’effetto scenico e la sostanza tecnica. Ma si sa, in un mondo dove il “scrolling” diventa una religione, è facile farsi ingannare dall’illusione del progresso, soprattutto quando arriva in video e in tempo reale.