C’è qualcosa di perversamente affascinante nel farsi giudicare da un’intelligenza artificiale. Non tanto perché l’IA sia più intelligente o imparziale di noi, quanto perché è crudele con stile. FaceAge, il nuovo sistema di analisi facciale, non si limita a dirti che sembri stanco o che forse dovresti dormire di più. No, va oltre: ti osserva, calcola la tua età biologica e, come un Dio moderno e algoritmico, ti collega persino a probabilità di sopravvivenza se sei un paziente oncologico. Un selfie con prognosi inclusa. Welcome to 2025.
Non è un filtro Instagram, è un bisturi digitale. Il sistema sviluppato da ricercatori della Duke University prende una semplice foto del viso e, analizzando microsegni, texture della pelle, simmetrie decadenti e sguardi svuotati di sogni, ti restituisce un numero: non quanti anni hai, ma quanti ne “sei”. È il passaggio da cronologia a biologia, dall’anagrafe all’autopsia preventiva. Un numero che, in alcuni casi, può fare la differenza tra un trial clinico e un funerale.
Perché qui non stiamo parlando solo di estetica. L’obiettivo dichiarato del progetto FaceAge è quello di utilizzare la percezione dell’età facciale come indicatore predittivo per la salute. Tradotto: se sembri vecchio, è probabile che tu lo sia dentro. E se lo sei dentro, potresti morire prima. Il sistema, infatti, è già stato sperimentato su pazienti oncologici, dove ha dimostrato una sorprendente capacità di correlare l’apparenza biologica del volto con i tassi di sopravvivenza a cinque anni. Altro che oroscopo.
Il cinismo tecnologico dietro questa idea è affascinante: in un mondo ossessionato dal controllo, dove misuriamo sonno, battito cardiaco, passi, calorie, glicemia e perfino il silenzio, mancava solo la verità facciale. E ora l’abbiamo. Un’IA che ti guarda e ti dice, senza empatia e senza filtro, che non ne hai altri venti. In pratica, lo specchio più onesto che tu possa trovare — se ti regge lo stomaco.
L’implicazione è devastante e brillante al tempo stesso: usare l’algoritmo come strumento diagnostico in ambito sanitario, accelerando decisioni cliniche in base a dati visivi. Ma anche come strumento sociale. Perché no? Assicurazioni, risorse umane, banche del seme: il tuo volto dice tutto. Altro che curriculum. Immagina un colloquio di lavoro dove il recruiter ti fa una foto e poi controlla se hai l’energia biologica di un trentenne o il decadimento cellulare di un settantenne. Umano, troppo umano. E quindi inevitabile.
Ma c’è di più. Il database che alimenta FaceAge è addestrato su migliaia di volti umani, ognuno con le sue rughe, le sue cicatrici invisibili, i suoi traumi in jpeg. E come ogni IA, impara. Più ti osserva, più capisce. Un giorno, forse, potrà dirti anche perché sei biologicamente vecchio: stress, ambiente, stile di vita, esposizione alla luce blu. La faccia come cruscotto diagnostico. E tu, come un idiota, che usavi lo specchio solo per pettinarti.
Certo, il rischio è che questo tipo di tecnologia diventi un nuovo feticcio per la società della performance: “devo sembrare più giovane, altrimenti muoio”. Il che è ironico, se pensi che il sistema nasce per salvarti la vita. Ma nel mondo reale, lo sappiamo, nulla rimane puro. FaceAge è uno specchio che non riflette solo chi sei, ma chi il mondo deciderà che sei.
Il CEO di una compagnia biotech (che preferisce restare anonimo, come ogni villain che si rispetti) ha già dichiarato che “questo tipo di tecnologia sarà la chiave per personalizzare trattamenti sanitari e prolungare la vita”. Aggiungendo poi, en passant, che potrebbe anche “ridurre i costi dei sistemi sanitari pubblici filtrando i pazienti con minori probabilità di risposta”. Darwinismo 2.0, ma con l’approvazione etica di un comitato scientifico.
Quindi no, non è solo un gioco da ragazzi curiosi. È un’arma. E come tutte le armi, dipende da chi la usa. Potrebbe salvarci, ma anche schedarci. Perché se il tuo volto rivela la tua verità biologica, allora il volto diventa un documento, una chiave, un codice fiscale con i pori dilatati.
FaceAge non predice il futuro, lo costruisce a partire dalla faccia. L’ultima cosa che resta nostra, forse, in questo mondo post-tutto. Ma se anche quella viene convertita in dato, allora non resta altro che sorridere. Sorridere bene. Sorridere giovane.
“Se vuoi sapere chi sei, chiedilo al tuo specchio. Se vuoi sapere quando morirai, chiedilo alla tua IA.”