Nel teatro geopolitico dei semiconduttori, dove si combatte con wafer e transistor invece che con baionette e bandiere, Nvidia si presenta come quel personaggio improbabile che, pur zoppicando vistosamente, arriva comunque primo al traguardo. Sì, perché l’azienda guidata da Jensen Huang si è appena vista sfilare dal tavolo cinese 8 miliardi di dollari come se niente fosse, per effetto dei nuovi controlli sulle esportazioni imposti da Washington, eppure… il trimestre vola. E non vola a caso: +50% sul fatturato anno su anno, previsione a 45 miliardi. In pratica, Nvidia stampa soldi anche quando dovrebbe affogare.
Questa è la nuova aritmetica del capitalismo AI-driven: puoi perdere un intero mercato (la Cina) e continuare a macinare record su record. Il segreto? Semplice: essere l’unico spacciatore autorizzato di droga computazionale per i modelli linguistici di nuova generazione. Loro hanno gli H100, tu no. Fine della discussione.
Il quadro è tecnicamente grottesco: Nvidia ha dovuto registrare un addebito da 4,5 miliardi per l’eccesso di inventario destinato alla Cina – roba che non può più spedire, ma che sta lì a marcire nei magazzini. Il tutto mentre, paradossalmente, le big americane e le startup AI assetate di potenza di calcolo le soffiano addosso per avere anche solo uno stock residuale di GPU.
I chip H20 progettati su misura per bypassare le restrizioni americane, ma non abbastanza “castrati” da piacere al Dipartimento del Commercio hanno generato ordini per 16 miliardi solo nel primo trimestre dell’anno, secondo The Information. Di questi, solo 4,6 miliardi sono andati a buon fine. Il resto? Messo in quarantena. La perdita secca stimata? 2,5 miliardi in chip pronti ma invendibili, una montagna di silicio che grida vendetta.
E qui entra il grottesco subliminale della partita: nonostante tutto questo, il titolo Nvidia sale del 4% nelle contrattazioni afterhours. Wall Street non solo perdona, ma applaude. L’azienda dichiara candidamente che i margini sono scesi dal 71,3% al 60% a causa delle scorte bloccate. Un massacro, ma sempre meglio di qualsiasi altro player nel mercato. Quando il benchmark è l’onnipotenza, anche un’umiliazione del genere viene venduta come solida crescita.
Il quadro si complica se guardiamo al contesto strategico. I controlli di esportazione sono parte del tentativo disperato degli Stati Uniti di rallentare l’avanzata tecnologica cinese. Ma c’è una piccola ironia incastonata nella meccanica di questa guerra fredda digitale: impedendo a Nvidia di vendere alla Cina, si costringono le aziende cinesi ad accelerare la creazione di un ecosistema alternativo. In pratica, le si obbliga a diventare autosufficienti. Un autogol travestito da vittoria. E nel breve? Nvidia perde un cliente. Nel lungo? Si è creato un concorrente.
Nel frattempo, Jensen Huang si presenta alle conferenze vestito di pelle nera come un predicatore post-apocalittico del deep learning, e annuncia al mondo che “AI is the new industrial revolution”. Tradotto: preparatevi a pagare sempre di più per sempre meno chip. E il bello è che il mercato lo asseconda. Ogni data center costruito oggi è un monumento al monopolio Nvidia, alimentato da software cucito su misura (CUDA), ecosistema blindato, e una dipendenza psicotecnologica difficile da scalzare.
Lo si capisce da un altro dettaglio succoso: il fatto che Nvidia non abbia bisogno della Cina per rimanere leader. È talmente dominante che può perdere il 15% del fatturato previsto e comunque registrare una crescita del 69% nel trimestre. In altre parole, Nvidia guadagna più tagliandosi una gamba che gli altri correndo a pieno ritmo.
E c’è chi ancora si ostina a pensare che il vantaggio competitivo si giochi solo sul prezzo, sull’efficienza, sulla logistica. No, signori. Qui siamo nel regno della scarsità artificiale, della speculazione sulla potenza computazionale, dell’hardware come simbolo di status. Le GPU non sono più prodotti, ma reliquie.
Questa situazione ci restituisce un’immagine grottesca ma lucidissima del nuovo capitalismo tech: un sistema in cui i player più forti prosperano perfino quando i flussi si inceppano, i mercati si chiudono, e le perdite contabili raggiungono numeri da cataclisma. L’illusione viene alimentata da una narrazione algoritimica, che sfugge alla logica industriale classica e si nutre di visioni, hype e posizionamento strategico.
La verità è che Nvidia è troppo grande per fallire… e troppo furba per non approfittarsene.
“Vendere chip AI nel 2025 è come vendere ossigeno nel deserto”, diceva un analista di Morgan Stanley qualche mese fa. Aggiungerei: purché tu abbia il monopolio delle bombole e ti sia comprato il deserto.
La Cina piange, Nvidia incassa. Il mondo applaude. E noi, testimoni di questa commedia industriale, ci limitiamo a scrollare – col dito e con la testa.