Quando il più “itty bitty macho man” della Silicon Valley decide di riscrivere le regole del valore intellettuale, non stiamo parlando solo di algoritmi e codici, ma di un vero e proprio assalto al patrimonio culturale globale. Meta, colosso da 1.2 trilioni di dollari, ha appena svelato la sua nuova strategia di business: rubare proprietà intellettuale su larga scala, dichiarando i sette milioni di libri usati per addestrare la sua intelligenza artificiale come “privi di valore economico”. Tradotto: spazzatura.

Non è una trovata da nerd con scarsa etica, è una manovra di pura arroganza, con radici profonde in una concezione distorta di cosa significhi innovare nel ventunesimo secolo. Un’innovazione che profuma più di saccheggio che di genio creativo. Siamo di fronte a una Silicon Valley che, nel suo narcisismo, si crede il nuovo Rinascimento, ma dimentica che quello vero era costruito sulla protezione e valorizzazione delle opere d’arte, non sulla loro devastazione.

Non c’è nulla di “nuovo” in questo modello. È solo un aggiornamento tecnologico della pirateria con PR più sofisticata. Meta ha usato la scusa del “valore economico nullo” per giustificare l’appropriazione indebita di contenuti, un’abile scappatoia legale per evitare di pagare diritti o riconoscere meriti. E dietro questa dichiarazione si nasconde un messaggio inquietante: se la tua opera non genera abbastanza soldi, può essere semplicemente ignorata, cancellata, resa inutile. Sembra un atto di vandalismo culturale, mascherato da progresso digitale.

L’eco di questa vicenda risuona forte soprattutto per chi, come me, è padre e ha figli che crescono in un mondo dove la creatività è costantemente svalutata. Non si tratta solo di un danno economico per gli autori, molti dei quali oggi vengono trattati come fantasmi, ma di un attacco diretto al tessuto stesso della cultura e dell’innovazione. Beverly Cleary, Jacqueline Woodson, Andrew Sean Greer — nomi che rappresentano generazioni di vite dedicate alla scrittura — vengono cancellati da una dichiarazione interna che li definisce “inutili”. Un insulto che va ben oltre il bilancio di un’azienda.

Questa strategia non è un incidente di percorso, ma la naturale conseguenza di un modello di business che preferisce sacrificare l’etica sull’altare della rapidità e del profitto. Meta non è un pioniere della GenAI: è un ladro vestito da innovatore, un titano che giustifica l’appropriazione indebita con il paravento del “valore economico”, una nozione pericolosamente riduttiva e volutamente miope.

Se lo “Zuck” del decennio è noto per aver manipolato i giovani, seminando ansia e depressione attraverso algoritmi demoniaci progettati per la dipendenza, per poi licenziare i migliori dipendenti chiamandoli “scarso rendimento”, ora aggiunge un nuovo capitolo alla sua collezione di abusi: rubare proprietà intellettuale e derubricarla a “spazzatura”. L’ironia è che questa cultura del furto, camuffata da progresso, finirà per distruggere proprio il terreno su cui si basa il futuro dell’AI.

In un mondo dove il “nuovo Rinascimento” si fonda su dati rubati e opere svalutate, la vera domanda è: quale sarà il costo finale per la società? Le generazioni future erediteranno un panorama culturale impoverito, fatto di frammenti di creatività non riconosciuti e sfruttati senza alcuna compensazione. La storia insegna che il vero progresso non può esistere senza rispetto per il passato, ma Meta sembra aver deciso di cancellare quel passato per riscrivere il futuro a suo piacimento.

Il racconto non finisce qui. Questa confessione travestita da scoop è solo la punta di un iceberg di pratiche predatrici, che mettono in discussione il ruolo delle grandi tech nel plasmare il futuro della cultura digitale. La GenAI non è un miracolo tecnologico che ci salverà, ma uno specchio che riflette la rapacità e l’arroganza dei suoi creatori.

Non è sorprendente, forse, che un’azienda così titanica abbia deciso di giocare sporco. Ma è scandaloso che la società, i governi e i regolatori abbiano finora permesso che questo gioco vada avanti indisturbato. Forse è ora che ci ricordiamo che il valore di un libro non si misura in clic o in dollari immediati, ma nella sua capacità di trasformare menti, emozioni e culture.

Nel frattempo, i “patroni” della nuova era digitale sembrano più interessati a devastare che a custodire quel patrimonio. E quando un CEO può giustificare il furto sistematico di idee con una semplice dichiarazione di “assenza di valore economico”, allora sappiamo che qualcosa nel sistema è andato irrimediabilmente storto.

Il futuro dell’intelligenza artificiale non sarà un rinascimento, ma un’epoca di saccheggio e omertà. E se dovessi votare per la peggior umanità tecnologica degli ultimi dieci anni, il “little macho man” che ha spazzato via i sogni di milioni di autori sarebbe nella mia top 3, senza dubbio.

Perché, in fondo, non si può costruire un impero sulla distruzione della creatività altrui e aspettarsi di non essere giudicati. La vera sfida ora è smascherare questa ipocrisia e chiedere a gran voce che la tecnologia torni a essere strumento di progresso reale, non di rapina legalizzata.


Source: 1. Vanity Fair (April 15, 2025)
Weir, Keziah. “This Is How Meta AI Staffers Deemed More Than 7 Million Books to Have No ‘Economic Value.’”
This investigative report reveals that Meta used pirated books to train its LLMs and justified this by arguing in court that the individual works were “economically worthless.”
Source: [Vanity Fair Article Screenshot Provided by User]
2. Case Filings in Ongoing Copyright Lawsuits Against Meta (2024–2025)
As of early 2025, Meta faces over a dozen lawsuits related to its use of copyrighted material to train LLaMA and other AI models. Plaintiffs include prominent authors and publishers.
3. Meta’s LLaMA Model Documentation (2023)
Meta’s own documentation confirmed that their models were trained on datasets including “Books3,” a controversial dataset known to contain over 190,000 pirated books.
Source: LLaMA 2 Model Card (Meta, 2023), Hugging Face
4. Books3 Dataset Overview
The Books3 dataset was scraped from a shadow library (Bibliotik), and includes copyrighted material by authors such as Margaret Atwood, Zadie Smith, and Stephen King.
Source: Wired, “This AI Dataset Contains 190,000 Pirated Books. And Now You Can’t Use It,” Sept. 2023.