Benvenuti nel 2025, dove l’assurdo ha preso la residenza a tempo indeterminato e l’Intelligenza Artificiale è diventata la nuova ghostwriter dell’establishment. Eccoci dunque a parlare di Donald Trump, dinosauri geneticamente resuscitati, e confini militarizzati con velociraptor. No, non è la sinossi di un nuovo film di Adam McKay. È solo l’ultima frontiera della disinformazione plausibile, firmata Deepfake.
Un video virale ha travolto la timeline di X ex Twitter, oggi panopticon dell’infodemia in cui un Trump iper-realistico, seduto nell’Oval Office, propone con sguardo deciso: “Velociraptor montati dagli agenti della Border Patrol. Ti staccano la testa di netto. Pterodattili nei cieli, raptor a terra.” Il tutto per evitare “l’apocalisse migratoria” con una controffensiva: “una dinopocalisse”.
Una trovata troppo ridicola per essere vera, eppure guardata da oltre 1.2 milioni di persone. Venti mila like. Migliaia di commenti tra l’ironico, il preoccupato e il semplicemente confuso. Il video, va detto, era etichettato chiaramente come deepfake. Ma in un’epoca dove il reale è diventato un’opinione, quel bollino ha il peso di una postilla legale nella privacy policy di TikTok: praticamente nullo.
La cosa veramente interessante — e disturbante — è che per una fetta significativa del pubblico, questo Trump giurassico non sembrava così improbabile. Perché se c’è qualcosa che l’ex Presidente ha sempre saputo fare, è sovvertire la plausibilità con lo spettacolo. E oggi, lo spettacolo lo genera una macchina neurale. Più inquietante ancora, l’AI assistant di X, Grok, si è limitato a definire il contenuto “quasi certamente generato da AI”. Come dire: “Non ci mettiamo la mano sul fuoco”. Una titubanza algoritmica che dice tutto sul nostro presente epistemico.
L’autore del video, il podcaster satirico Maverick Alexander, si è assunto il merito, dichiarando con compiacimento: “Molti provano a fare deepfake di Trump, ma nessuno atterra davvero la voce e le parole come me”. E in effetti, il tono, la cadenza, la retorica, erano chirurgicamente trumpiane. Tanto che un utente ha commentato: “È triste dover verificare che sia satira.”
Nel frattempo, Colossal Biosciences — sì, esiste davvero — ha annunciato di aver “de-estinto” il lupo terribile, risvegliando fantasie che solo Spielberg dovrebbe maneggiare. L’idea che la biotecnologia possa effettivamente portare indietro creature preistoriche diventa la perfetta benzina per l’engine dell’ironia post-verità. E se Jurassic Park ci aveva insegnato che “la vita trova sempre un modo”, il 2025 ci insegna che la disinformazione trova sempre una scusa.
In un paradosso da manuale, proprio mentre il deepfake di Trump coi dinosauri si fa virale, il vero Trump firma il Take It Down Act, una legge bipartisan che criminalizza la pubblicazione online di contenuti intimi — veri o generati da AI — senza consenso. Il Presidente che si ritrova in un loop satirico su X, è lo stesso che impone regole più dure sull’uso della sua immagine. Ironia, destino, o soltanto l’ennesima torsione grottesca di un sistema impazzito?
La verità, se esiste ancora, è che l’AI ha superato la soglia del “plausibile”. Strumenti come Google Veo 3, Sora di OpenAI, e Kling AI stanno trasformando la linea tra il reale e l’immaginato in una nebbia algorithmica. Non è più solo questione di qualità video. È la perfetta simulazione del pensiero umano, dell’idiolettico, del ritmo interno di una personalità. Quando puoi replicare non solo l’aspetto ma anche la psicologia linguistica di un leader, la realtà si piega come un rendering 3D.
Ora, facciamo un passo indietro. Perché un contenuto tanto assurdo ha avuto questo successo? Perché siamo tutti immersi in una fame di surreale. Il confine fra satira e dichiarazione ufficiale si è eroso al punto da non essere più distinguibile. E questo è un problema tecnico, politico e cognitivo. Un pubblico incapace di distinguere un deepfake da una vera conferenza stampa non è più un pubblico: è un target.
Il viralissimo deepfake di Trump non è solo un meme evoluto. È un segnale forte di come il potere dell’AI stia spostando l’epicentro della persuasione politica. Le campagne elettorali del futuro non saranno basate su manifesti o dibattiti. Saranno guerre di contenuto sintetico, arene dove ogni video potrebbe essere vero, falso o peggio ancora, ambivalente. Il nuovo campo di battaglia è l’interpretazione, non la verifica.
Questo ci porta a un paradosso finale: la tecnologia che rende visibile l’assurdo è la stessa che rende invisibile il vero. E forse per questo, vedere Trump proporre raptor al confine, in fondo, non ci ha scandalizzato. Ci ha solo ricordato che oggi, la realtà è un feed da scrollare, non una certezza da credere.