C’è un nuovo Eldorado tecnologico, e non si trova né nella Silicon Valley né a Shenzhen. Si trova a centinaia di chilometri sopra le nostre teste, in orbita terrestre. Mentre i comuni mortali cercano di far funzionare i loro server on-premise o di migrare al cloud, i giganti della tecnologia stanno già pensando a data center spaziali, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Eric Schmidt, ex CEO di Google, ha recentemente preso le redini di Relativity Space, un’azienda che punta a costruire razzi stampati in 3D e a lanciare infrastrutture nello spazio. Nel frattempo, Jeff Bezos, con la sua Blue Origin, sta sviluppando “Blue Ring”, una piattaforma spaziale che offre potenza di calcolo resistente alle radiazioni, gestione termica e comunicazioni per carichi utili in orbita.
Ma perché tutto questo interesse per i data center nello spazio? Per cominciare, lo spazio offre un ambiente unico: temperature estreme, assenza di gravità e un’abbondanza di energia solare. Queste condizioni possono essere sfruttate per creare data center altamente efficienti e sicuri. Inoltre, con l’aumento esponenziale dei dati generati da dispositivi IoT,(o da reti tipo Starlink o Kuiper di Amazon) intelligenza artificiale e altre tecnologie emergenti, la domanda di capacità di elaborazione e archiviazione è in costante crescita. I data center spaziali potrebbero offrire una soluzione scalabile e sostenibile a lungo termine.
Bezos, in particolare, vede lo spazio come la prossima frontiera per l’infrastruttura tecnologica. Ha dichiarato che “Blue Ring” è progettato per trasportare fino a 3.000 kg di carico utile in orbita geosincrona o nelle vicinanze lunari, fornendo al contempo servizi di gestione termica, energia elettrica, calcolo e comunicazioni. Questo approccio integrato consente ai clienti di concentrarsi sul loro carico utile senza doversi preoccupare delle complessità dell’ambiente spaziale.
Eric Schmidt, d’altra parte, sta guidando Relativity Space con l’obiettivo di rendere l’accesso allo spazio più economico e flessibile. L’azienda ha già lanciato il primo razzo stampato in 3D al mondo, il Terran 1, e sta lavorando al Terran R, un veicolo di lancio riutilizzabile di medio-alto carico. Schmidt ha investito significativamente nell’azienda, assumendo un ruolo di leadership per portare avanti la visione di una presenza industriale nello spazio.
Naturalmente, non sono solo i giganti della tecnologia a interessarsi ai data center spaziali. Startup e aziende emergenti stanno esplorando questa nuova frontiera, attratte dalle opportunità offerte dall’ambiente spaziale. Ad esempio, il progetto Kuiper di Amazon mira a fornire connettività internet globale attraverso una costellazione di satelliti in orbita terrestre bassa, integrando i servizi cloud di AWS per offrire soluzioni di elaborazione e archiviazione dati direttamente dallo spazio.
Tuttavia, non mancano le sfide. La costruzione e il mantenimento di data center nello spazio richiedono tecnologie avanzate per affrontare le radiazioni, le temperature estreme e l’assenza di gravità. Inoltre, la latenza delle comunicazioni e la sicurezza dei dati sono preoccupazioni significative. Ma con l’avanzamento delle tecnologie spaziali e l’aumento degli investimenti, queste sfide stanno diventando sempre più gestibili.
In definitiva, l’interesse per i data center spaziali riflette una visione ambiziosa del futuro della tecnologia. Mentre il mondo si confronta con le limitazioni delle risorse terrestri e la crescente domanda di capacità computazionale, lo spazio offre una nuova frontiera per l’innovazione e la crescita. E se i leader tecnologici come Bezos e Schmidt stanno scommettendo su questa visione, forse è il momento di guardare al cielo non solo con meraviglia, ma anche con un occhio strategico.