Al Gazometro, ex impianto industriale rigenerato nel quartiere Ostiense — non certo tra i marmi del Campidoglio — il 11 giugno 2025 si è celebrato il Namex Annual Meeting, meglio noto come NAM 2025: un’accensione di infrastrutture silenziose e cifrate, una celebrazione pragmatica della rete sotto la cupola storica di Roma

Ogni tanto, persino nel futuro si inciampa. Mentre tutti si affannano a raccontare la prossima grande innovazione, il prossimo pivot, la roadmap a 18 mesi (che nessuno rispetterà), c’è qualcuno che accende un piccolo riflettore storto su ciò che è stato. Non per nostalgia, ma per legittimità. Perché il presente non nasce mai da zero. E se non riconosci chi ha acceso la miccia, come Namex finisci per raccontare una favola storta l’ennesima.

Le cifre non mentono. Superati 1 terabit per secondo di traffico già a gennaio 2025, e picchi di 1,122 Tbps toccati durante una partita Atletico–Real Madrid trasmessa da Prime Video a marzo. Un balzo in avanti che racconta molto più di numeri: è l’autorevolezza infrastrutturale che si afferma, mentre il cuore silenzioso della rete scorre sotto Roma.

Sul palco, Cristiano Morandini ha aperto le danze, seguito da un cast di peso: Renato Brunetti, presidente NAMEX; Paolo Aielli, City Manager di Roma; Christian Cinetto, Stefano Quintarelli, Patrick Christian di TeleGeography; Stefano Epifani; Paolo Nespoli; Tommaso Ghidini; Luca Rossettini. Un parterre che ha spaziato dall’etica all’AI, dalla space economy ai cavi sottomarini.

A colpire è stato il Panel 1: “What is happening to submarine cables?”, moderato sempre da Morandini, con Enrico Maria Bagnasco (Sparkle), Renato Brunetti (Unitirreno), Antonio Deruda e Serafino Sorrenti. Nessuna narrazione di fantasia come “Sparco” o “Claudius”. Si è parlato di fatto: BlueMed, il cavo sottomarino di Sparkle (in partenariato con Google e Omantel), con approdi a Genova, Roma, Palermo e Sardegna, evitando lo snodo egiziano, e progetti strutturali da decine di milioni di euro in UE per sicurezza e resilienza.

La geopolitica digitale del Mediterraneo si è materializzata in contratti e fibre, non in storytelling superficiali. Come spiega Maurizio Goretti, CEO di Namex, il posizionamento strategico italiano è davvero al centro: cinque data center a Roma, nodi a Bari e Napoli, collegati con oltre 250 Autonomous System, e traffico pubblico in crescita del 66 % nel 2024 .

Workshops nel pomeriggio? Un collage di tecnologie concrete: DNS AI con Flashstart, ecosistemi NFV–SDN con FibreConnect, soluzioni carrier-grade, collaboration tra Retelit e Wasabi, innovazioni internazionali con Sparkle, e applicazioni orbit-centriche con D‑Orbit: “Space Technology Empowering Digital Ubiquity” guidato da Luca Rossettini e Andrea Giannini.

Mentre l’Italia si attrezza per un network più resiliente, il rapporto di Telegeography parla chiaro: tra il 2023 e il 2025 sono previsti investimenti globali in cavi sottomarini per 10 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi con approdi italiani — circa il 20 % — e con Roma destinata a diventare hub naturale nel Mediterraneo.

Filo conduttore: concretezza e governance. L’UE sta iniettando 420 milioni € in infrastrutture digitali, mentre la “fair share” tra OTT e operatori di rete rimane sotto i riflettori — la questione sollevata nel 2023 da TIM e Meta e oggi più centrale che mai.

Il Gazometro è stato teatro di un’evento sold‑out: con oltre 600 professionisti da 257 aziende, è stato uno dei momenti più intensi della storia dell’IXP italiano. Una manifestazione in cui non si discute di mission e vision astratte: si mostrano dati, protocolli, cavi che affiorano sul fondo del mare e ci portano l’Internet.

Ecco il vero miracolo, paradossale e potente: mentre la moda giornalistica vira sempre più verso l’aperta retorica da startup e unicorn nation, il futuro – al NAM 2025 – parla di fibre, tubi sottomarini, governance e resilienza. Con l’ironia che serve: nel mezzo di un ex impianto fabbrile, la rete cresce davvero. E lo fa con i fatti, non con i pitch.

Un’immagine subliminale? Basta pensare al BlueMed: un cavo che scavalca la rotta egiziana, connettendo la dorsale Sud–Nord, portando traffico a Roma come mai prima. Non è teoria: è sostanza, è scelta strategica, è ribaltamento di paradigma. E se qualcuno pensava che l’Italia fosse un nodo marginale, oggi prova il rumore dei pacchetti che scorrono veloci, sotto la cupola steel‑tech del gazometro.