Quando l’algoritmo sbaglia solo una volta: IBM, Bitcoin e il ritorno dell’apocalisse quantistica

Chi ha paura del lupo quantico? Da anni lo si evoca, lo si esorcizza, lo si minimizza: quel giorno in cui un computer quantistico farà girare l’algoritmo di Shor nel tempo necessario per schiacciare una noce. Eppure, proprio ora, mentre Michael Saylor si scrolla di dosso l’ansia a favore di telecamere, IBM ha annunciato qualcosa che rischia di accelerare il conto alla rovescia verso l’inquietudine digitale definitiva: Quantum Starling, il primo computer quantistico fault-tolerant destinato al mondo reale. Scadenza: 2029.

Facciamo chiarezza. I computer quantistici attuali sono sì capaci di produrre risultati strabilianti… ma con un tasso d’errore da sbronza universitaria. Ogni calcolo è un lancio di dadi, e quando le operazioni necessarie arrivano a milioni, servono miliardi di correzioni al volo. Ecco perché parlare di “quantum advantage” – cioè un vantaggio effettivo rispetto ai supercomputer classici – è stato, finora, un gioco di prestigio teorico.

Con Starling, IBM cambia le regole. Parliamo di 200 qubit logici, cioè error-corrected, capaci di eseguire 100 milioni di operazioni quantistiche senza cadere in pezzi. Per raggiungere questo risultato, Starling sarà un colosso di modularità ingegneristica, con FPGA e ASIC che correggono gli errori in tempo reale. Il tutto avverrà a Poughkeepsie, nello Stato di New York, in un nuovo centro dati quantistico che ha il suono di un romanzo cyberpunk e l’ambizione di un’enciclopedia futurista.

Come ha detto IBM, ogni qubit logico richiede decine, se non centinaia, di qubit fisici. Eppure, grazie a un approccio chiamato qLDPC (quantum low-density parity-check), l’azienda sostiene di aver tagliato il fabbisogno di risorse del 90%. Non stiamo parlando di piani astratti: due articoli scientifici pubblicati di recente descrivono in dettaglio l’architettura e il decoder per il real-time error correction. La matematica, qui, è la vera protagonista — e sembra molto più vicina all’industria di quanto molti esperti abbiano previsto.

Il problema, semmai, è che l’industria finanziaria e blockchain non se ne è ancora accorta. Saylor, uno dei profeti del Bitcoin eterno, liquida il problema come marginale. Ma nel sottobosco, tra corridoi accademici e cene private di criptografi, si parla già di “crisi esistenziale” per le criptovalute. Perché? Perché Shor’s Algorithm, una volta implementabile a scala pratica, può ridurre in cenere RSA, ECC e altri algoritmi che oggi proteggono portafogli Bitcoin, banche e comunicazioni governative.

Qualcuno, tra i dev più realisti del reame blockchain, ha già iniziato a sperimentare forme di quantum-resistant encryption, ma non è affatto chiaro se sarà pronta in tempo per fronteggiare un attacco in stile Starling 2030. Certo, il tempo per agire c’è, ma non è infinito. E IBM lo sa bene.

Il suo roadmap quantistico, da qui al 2033, è più di un piano industriale: è una tabella di marcia per il futuro del calcolo. Il 2025 vedrà l’arrivo del chip Nighthawk con 120 qubit e circuiti dinamici integrati negli ambienti HPC. Nel 2026 toccherà a Kookaburra, il primo processore modulare con capacità logica e memoria quantistica. Poi, nel 2027, Cockatoo unirà due moduli Kookaburra attraverso “L-couplers”, tracciando le fondamenta di una rete quantistica distribuita. Starling sarà il culmine di questa progressione, ma già si intravede il successore: Blue Jay, un sistema da 2.000 qubit logici in grado di eseguire 1 miliardo di operazioni. A quel punto, anche simulare un catalizzatore chimico o ottimizzare una rete logistica globale diventeranno compiti banali. E, sì, anche spezzare una chiave crittografica a 256 bit.

Ironia della sorte: i primi a beneficiare di queste capacità saranno proprio gli stessi che oggi minimizzano il rischio. Le grandi banche, gli stati sovrani, le multinazionali tech. Perché una cosa è certa: quando IBM metterà a disposizione queste macchine, non saranno open source. E nemmeno gratuite. Chi potrà permettersele, potrà riscrivere le regole del gioco. Gli altri? Sperare di non essere il bersaglio.

Il vero colpo di teatro, però, è il contrasto tra il pragmatismo ingegneristico di IBM e l’ideologia evangelica del mondo crypto. Da una parte, logica fredda, anni di roadmap rispettate, pubblicazioni peer-reviewed. Dall’altra, tweet di rassicurazione e meme sull’immortalità del Bitcoin. Ma la verità è che, una volta acceso Starling, le variabili cambieranno. La quantistica smetterà di essere futurismo speculativo e diventerà arma geopolitica.

Immaginate una potenza statale – o un’alleanza – con accesso esclusivo a un computer quantistico fault-tolerant. Una black box capace di decriptare comunicazioni, falsificare identità, simulare scenari finanziari in tempo reale. Immaginate il deepfake della crittografia. Non servono bombe. Serve solo un errore non corretto in tempo.

“La differenza tra una teoria e un sistema reale sta tutta nell’errore non gestito,” ha osservato tempo fa un ingegnere di IBM. “Il sistema quantistico ideale non è quello che non sbaglia mai. È quello che sbaglia e se ne accorge prima che sia troppo tardi.”

Forse è questo il paradosso che ci aspetta: un mondo dove il vero potere non sarà nel calcolare tutto, ma nell’evitare di calcolare il falso. Dove la tolleranza agli errori diventa un’arma. Dove un sistema che corregge sé stesso in tempo reale può piegare un sistema che si credeva incorruttibile. E se Bitcoin, con tutta la sua audacia algoritmica, non saprà reinventarsi prima del 2029, Starling potrebbe essere l’inizio della sua fine.

O, come direbbe un informatico quantistico con senso dell’umorismo, l’inizio di una nuova superposizione: quella tra sicurezza e illusione.