Tyler Johnston non ha violato server, non ha usato spyware, non ha fatto phishing a qualche stagista di troppo zelante. No, ha fatto qualcosa di molto più sovversivo: ha raccolto informazioni pubbliche. E con metodo da bibliotecario hacker, ha messo insieme un ritratto inquietante, chirurgico, persino didattico di ciò che OpenAI è diventata. Non un’azienda, non una startup, non un laboratorio: una macchina semi-privata con pretese morali universali.

Il risultato è The OpenAI Files,…