Perfetto, è arrivato il momento in cui anche il tuo foglio Excel (pardon, Google Sheet) può scrivere meglio di molti junior copywriter. Ma non preoccuparti: non è ancora in grado di rubarti il lavoro, almeno non fino alla prossima release.
Google sta introducendo una nuova funzione AI nei Fogli Google che, alimentata da Gemini, consente di generare testo dinamicamente, basandosi sui dati presenti nelle celle. In parole povere? Puoi selezionare un gruppo di celle e chiedere all’intelligenza artificiale di riassumere, categorizzare o generare contenuti testuali su misura. Non male per un tool nato per calcolare formule, no?
La sintassi è semplice ma potente:=AI("Scrivi un testo promozionale formale per il prodotto, adattato all’obiettivo e al pubblico target", A2:C2)
Oppure=AI("Scrivi un riassunto in una frase del feedback del cliente", A2:D2)
Ed ecco che il tuo spreadsheet smette di essere una matrice grigia di dati per diventare un generatore di narrativa, sentiment analysis, clustering semantico e copywriting automatico. L’unico limite? Per ora il tutto è solo testuale: niente grafici generati via AI direttamente da questa funzione (ma esistono altri tool Gemini per quello). Inoltre, non potrà analizzare più di 200 celle per volta. Piccolo prezzo da pagare per evitare un’invasione di formule generate come poesie in stile haiku.
Ovviamente, questa novità non è disponibile per tutti. Come ogni feature di valore in casa Google, è riservata agli utenti Workspace Business ed Enterprise, oltre che ai sottoscrittori dei piani Gemini AI Pro, Ultra ed Education. Se sei un normale utente di Google con un foglio di calcolo e troppa immaginazione, rassegnati: o sali di livello, o torni a scrivere tutto a mano.
Ciò che colpisce di più, però, non è la funzione in sé, quanto il suo potenziale trasformativo in ambito aziendale. Pensa alla possibilità di:
- generare email di risposta automatica a richieste clienti, personalizzate e contestualizzate in base alla cronologia di feedback salvata nel foglio;
- trasformare note di riunione grezze in report professionali con un semplice prompt;
- classificare richieste, suggerimenti e lamentele in tempo reale per avviare workflow su altri tool collegati (Zapier, AppSheet, ecc.);
- oppure, perché no, creare contenuti marketing diversi per ciascun segmento di pubblico, direttamente dal CRM embedded nel tuo foglio.
Tutto questo dentro una formula che, visivamente, non è poi così diversa da un =SOMMA
.
In effetti, la novità sta tutta lì: l’intelligenza artificiale sta diventando una funzione di foglio di calcolo. Non più uno strumento separato, da invocare a parte o testare in sandbox. Gemini è qui, vicino al tasto “Inserisci grafico”, pronto a creare contenuti, insight e categorizzazioni mentre tu cerchi di ricordare se la formula per il valore futuro era con FV
o VF
.
E mentre Microsoft spinge su Copilot con le sue integrazioni AI in Excel, Google risponde con qualcosa di più snello, meno pretenzioso e più “bot utile” che “guru sapiente”. Perché in fondo, l’utente medio non vuole fare data science, vuole solo scrivere meglio e più velocemente, evitando il rischio di creare il milionesimo testo promozionale che sembra generato con ChatGPT… perché lo è.
Certo, c’è il rischio — sempre presente — che queste feature vengano usate senza senso critico. Che i fogli si riempiano di frasi vaghe, riassunti inconsistenti, classificazioni a casaccio. Per questo, l’AI in Sheets richiede ancora una mente umana sopra: serve un curatore, un manager dei prompt, un architetto della logica tra i dati. Altrimenti, finiremo per automatizzare il caos e incorniciare la mediocrità.
Quindi sì, puoi far scrivere al tuo foglio di calcolo delle pubblicità che si adattano ai diversi cluster demografici. Ma se quei cluster sono sbagliati, se i tuoi prompt sono scialbi o se i dati sono vecchi, otterrai solo varianti creative di un errore. In grande stile, con un bel copy scritto bene. Ma pur sempre un errore.
Insomma: la funzione =AI()
di Google è un primo passo verso una produttività narrativa automatizzata, ma come ogni nuova tecnologia, è un’arma a doppio taglio. Può aiutarti a scalare i contenuti, ad aumentare la velocità operativa, a semplificare task ripetitivi e noiosi. Oppure può generare una nuova forma di rumore ben formattato, utile solo per riempire righe e celle in attesa del prossimo clic.
Il paradosso è che, proprio mentre ci lamentiamo dell’omologazione dei contenuti AI, iniziamo a integrarli nativamente nei luoghi dove l’omologazione nasce: i fogli Excel e i database aziendali. Il posto meno poetico del mondo. Ed è lì che Google ha deciso di far nascere il nuovo copywriting.
Provocazione finale? Se anche la tua tabella vendite sa scrivere meglio del tuo team marketing, forse non è l’AI il problema. Forse è solo che l’intelligenza, artificiale o meno, ha finalmente trovato un habitat più naturale nelle formule che nelle riunioni creative.