Satya Nadella, CEO di Microsoft, ha finalmente tirato fuori un pensiero che va oltre il solito coro iper-tecnologico: l’intelligenza artificiale deve dimostrare di essere socialmente utile, altrimenti il suo consumo energetico non è giustificabile. Lo dice un uomo che guida una delle più potenti compagnie del mondo digitale, non un ambientalista radicale o un accademico lontano dalla realtà del business. E questa perletta va presa sul serio, soprattutto perché arriva in un momento in cui tutti stiamo abbassando lo sguardo davanti al consumo energetico delle nostre adorate AI, come se fosse un costo inevitabile del progresso.

Il fatto è che l’IA non è più solo un campo di ricerca riservato ai nerd con i computer giganti. È diventata la nuova fabbrica dell’energia digitale, una vorace consumatrice di risorse che fa salire la domanda globale di elettricità a ritmi insostenibili. Il dato dell’Agenzia Internazionale per l’Energia parla chiaro: +2,2% di domanda energetica globale nel 2024, contro un +1,3% medio negli ultimi dieci anni. Questo boom non è un incidente di percorso, ma un segnale che qualcosa sta cambiando nel modo in cui produciamo e consumiamo energia, e non per il meglio. L’Energy Information Administration americana prevede addirittura un aumento della domanda elettrica negli Stati Uniti dopo anni di stagnazione, proprio mentre ci lamentiamo del cambiamento climatico.

Ora, provate a mettere insieme queste tessere: un’industria che spreme energia come un’arancia, danneggiando il pianeta, per sviluppare un’intelligenza artificiale il cui scopo principale – paradosso dei paradossi – è sostituire il lavoro umano. Microsoft, tra le altre, ci sta investendo pesantemente per automatizzare funzioni che una volta davano da mangiare a milioni di persone. Tradotto: più energia consumata, più posti di lavoro persi, più disuguaglianza. Un messaggio di marketing poco vendibile in tempi di attenzione green e crisi sociale.

Ma Nadella non è un benefattore disinteressato. Dietro a questo commento c’è un gioco di scacchi politico e industriale che pochi hanno voglia di raccontare. Il CEO Microsoft si trova in mezzo a una battaglia sotterranea con OpenAI, un partner storico ma anche un concorrente sul fronte dell’intelligenza artificiale generale (AGI). OpenAI spinge per un futuro in cui l’IA superi l’intelligenza umana in modo dimostrabile, mentre Nadella sposta l’attenzione su un terreno più concreto: se non dimostri benefici reali, misurabili, allora non hai il permesso sociale di consumare risorse in maniera sconsiderata. Una specie di “mostra i numeri o taci” rivolto al settore.

E qui si apre un problema più ampio, che riguarda l’intera industria tecnologica: come si giustifica il costo ambientale e sociale dell’IA? Fino ad oggi, la risposta è stata un misto di promesse futuristiche e benchmarking tecnici che poco dicono all’opinione pubblica. Ma Satya ci ricorda che senza un consenso sociale reale, senza risultati tangibili che vadano oltre la corsa all’AGI, il castello di carte rischia di crollare sotto il peso di una crescente opposizione pubblica.

In fondo, il messaggio è chiaro e spietato: la tecnologia non è un deus ex machina che risolve ogni problema, è un fattore di cambiamento che deve essere governato, misurato, e giustificato. Ecco perché il discorso di Nadella merita più attenzione di quanto il marketing dell’industria tech voglia concedere. Non si tratta di demonizzare l’IA, ma di metterla alla prova con una domanda semplice e spietata: quanto serve davvero, a chi serve, e a quale prezzo per il nostro pianeta e per la società?

Forse è il momento che anche i colossi digitali inizino a rispondere senza giri di parole, perché il “permesso sociale” non è una concessione automatica, ma una battaglia da vincere ogni giorno. E non è detto che basti uno spot o qualche statistica autoreferenziale per farcela.