Meta ha appena trasformato la fuga dei cervelli in un’escalation da manuale di spionaggio tecnologico senza veli. Quattro pezzi da novanta dell’intelligenza artificiale, compreso il trio fondatore dell’ufficio OpenAI di Zurigo, hanno fatto le valigie e accettato l’invito a nozze di Zuckerberg, che nel frattempo sembra aver abbandonato le formule diplomatiche per passare direttamente a un approccio «buca il cuore e prendi il cervello».
Lucas Beyer, Alexander Kolesnikov e Xiaohua Zhai, nomi che per chi mastica AI sono come rockstar della ricerca, non solo stanno facendo il passaggio da OpenAI a Meta, ma hanno praticamente disegnato la mappa dell’innovazione in Europa per OpenAI fino a ieri. A questo si aggiunge Trapit Bansal, l’architetto dietro il motore di ragionamento o1, quel modello di inferenza che fino a poco fa sembrava il santo graal interno di OpenAI, oggi una pedina mossa in questo gioco di scacchi a scacchi tra i colossi dell’AI.
Le voci su un assegno da 100 milioni per assicurarsi Beyer? Fake news, dice lo stesso ricercatore su X, smentendo in modo tagliente l’eco mediatica che Sam Altman aveva rilanciato. Diciamo che la narrativa ufficiale della grande offerta suona più come un’autocelebrazione da parte di OpenAI per mascherare una debolezza, perché se è vero che le cifre milionarie vengono spesso messe sul tavolo, qui si respira più una strategia aggressiva di Meta che una semplice transazione economica.
Parliamo di una Meta che, dopo aver investito 15 miliardi in Scale AI e aver piazzato Alexandr Wang come CEO di questa divisione, sta andando a tutto gas su una strategia di superintelligenza con budget illimitati e zero sottigliezze. Zuckerberg non sta più a mandare inviti formali, ma si impegna personalmente a convincere i cervelli più brillanti con messaggi WhatsApp e cene private nella sua villa di Lago Tahoe, un mix tra vecchia scuola e tattiche di seduzione tecnologica. Se non è il nuovo mondo degli affari, è sicuramente una scena degna di un thriller high tech.
Sam Altman aveva provato a rassicurare il mercato e i talenti con la frase «nessuno dei migliori talenti di OpenAI se ne andrà», ma la realtà parla chiaro: Meta sta riscrivendo le regole del reclutamento con un’energia da startup che non si ferma davanti a niente. È la dimostrazione che nel campo dell’intelligenza artificiale, la guerra dei talenti non si gioca più solo sulle idee e sulle innovazioni ma anche su strategie di engagement a livelli quasi personali, quasi da celebrità.
Quel che resta da capire è se questa nuova ondata di assunzioni Meta riuscirà a trasformarsi davvero in una rivoluzione di superintelligenza, oppure se finirà per diventare una partita a scacchi giocata con troppi pezzi sacrificati troppo presto. Nel frattempo, la vecchia OpenAI si trova a dover fare i conti con una realtà che non ammette sentimentalismi: se non giochi duro, vieni lasciato indietro.
Dopotutto, in un settore che muove miliardi e plasma il futuro dell’umanità, nessuno si aspetta una cena di gala e un brindisi tranquillo. Meglio che ci si prepari, perché la partita dell’intelligenza artificiale non è mai stata così vera e così spietata.