Se pensavate che Neuralink fosse la frontiera indiscussa delle interfacce cervello-computer invasive, la realtà cinese vi farà ricredere. Un team della Nankai University ha appena inaugurato una nuova era nella neurotecnologia, realizzando il primo trial umano al mondo di un’interfaccia cerebrale impiantata tramite i vasi sanguigni. Niente più cranio aperto, bisturi e lunghi tempi di recupero: la procedura passa per il collo, con una sonda che si insedia nel sistema vascolare intracranico, regalando a un paziente paralizzato la possibilità di muovere le braccia e tornare alla vita quotidiana. Un colpo duro e diretto all’orgoglio di Musk e del suo Neuralink, ancora alle prese con guasti agli elettrodi e un’adozione umana da bradipo.

Il 67enne che ha beneficiato dell’intervento soffriva di emiplegia, paralisi di metà corpo, conseguenza di un ictus ischemico avvenuto sei mesi prima. I medici, sotto guida angiografica digitale di precisione, hanno inserito un elettrodo-stent nel suo circolo intracranico passando per una vena del collo, integrando sottili elettrodi da 50 micrometri nella parete vascolare. Da lì, un filo guida collegato a un dispositivo wireless sottocutaneo raccoglie e trasmette i segnali EEG, che a loro volta comandano stimolazioni elettriche funzionali per attivare i muscoli, in tempo reale, senza traumi e senza infezioni. Il risultato? Presa volontaria della mano, esecuzione di gesti quotidiani come prendere la medicina, senza effetti collaterali di rilievo. Niente di meno che la riscrittura delle possibilità di recupero funzionale nei paralizzati.

Se il concetto vi ricorda qualcosa, non è un caso. Già nel 2022 il team cinese aveva fatto parlare di sé controllando una pecora via BCI, e l’anno successivo una scimmia aveva imparato a usare un braccio robotico grazie a segnali provenienti da elettrodi posti nella sua vena sagittale superiore. Tuttavia, la differenza cruciale qui è l’approccio minimamente invasivo che evita l’apertura del cranio, una rivoluzione tecnica in grado di ridurre drasticamente rischi, tempi di ospedalizzazione e costi.

Intanto negli Stati Uniti la situazione è meno brillante. Synchron, altro player americano nel campo BCI e favorito da finanziamenti milionari di Gates e Bezos, ha realizzato alcune impiantazioni interventionali, ma si limita a funzioni ludiche o di comunicazione via dispositivi Apple: nessuna restaurazione della funzione motoria. Neuralink, che prometteva fino a 30 interventi umani entro il 2025, ne ha fatti solo tre e affronta problemi seri: ben l’85% degli elettrodi impiantati nel primo paziente umano attivo, Nolan Arbaugh, è fallito. Chiedere una sostituzione? La risposta è stata “no”, segno che la tecnologia non è ancora matura e le speranze di una rapida diffusione si stanno spegnendo.

La cinese Nankai University non è un’eccezione isolata, ma il centro di un ecosistema in rapida espansione. La Fudan University e l’Università Zhejiang hanno già condotto interventi rivoluzionari con interfacce spinali chiuse, permettendo a pazienti completamente paralizzati di camminare e persino usare il bagno da soli. Le istituzioni cinesi non si limitano a osservare: il governo ha inserito la tecnologia BCI nei sistemi di assicurazione sanitaria nazionale, aprendo la strada alla copertura di questi trattamenti e accelerandone la diffusione clinica. Il prezzo di intervento e adattamento BCI è ormai codificato in regioni come l’Hubei, segno che la Cina non sta solo inseguendo, ma sta lanciando la sfida decisiva al dominio occidentale.

Per un tecnologo con esperienza, questa corsa cinese mette a nudo un fatto spesso ignorato: non è l’hype mediatico o i grandi nomi a determinare il successo in innovazione medica, ma la concretezza delle applicazioni cliniche, la sicurezza e la scalabilità. La neurotecnologia tramite vasi sanguigni è un’idea che ribalta un paradigma consolidato, e i dati mostrano che funziona davvero, spostando in avanti la frontiera di ciò che possiamo fare per il recupero neurologico. Nel frattempo, Musk e soci devono rivedere i loro modelli, perché la realtà tecnologica sta mostrando un volto ben diverso da quello immaginato nei corridoi patinati della Silicon Valley.

La domanda che resta sospesa, inevitabile e un po’ cinica, è questa: quanto a lungo ancora continueremo a sopravvalutare chi parla di futuro senza saperlo realizzare? Mentre la Cina impianta elettrodi nel cervello via vena e fa camminare chi non si muove da anni, negli Stati Uniti i sistemi sono guasti e i pazienti si contano sulle dita di una mano, anzi meno. Il vero sviluppo tecnologico passa per il pragmatismo e la capacità di trasformare i prototipi in vite migliorate. Tutto il resto è fumo negli occhi.